Stile New Edge, Knife Edge, a goccia, filante, moderno, ad abitacolo avanzato… sono definizioni attribuite negli ultimi cinquant’anni al design dell’automobile. In questo periodo le scuole italiana, britannica, francese, americana, tedesca, hanno perso importanza.

Per quanto riguarda una possibile scuola giapponese, pur avendo prodotto alcune vetture davvero belle (molto poche, sfortunatamente), essa ha per lo più omogeneizzato distillati di progetti creati altrove. Il design si è uniformato, ed è un vero peccato.

Negli anni Cinquanta gli stilisti italiani superavano i colleghi degli altri paesi, ed erano responsabili della “internazionalizzazione” del design. Oggi l’influenza è generale e reciproca e manca un’identità distintiva. Nel Terzo Mondo si costruiscono ancora vetture basate sui progetti superati dei costruttori delle aree ad alto sviluppo.

Si può però sperare a ragione che nei nuovi paesi produttori nasca un design autoctono. È meglio una vettura indonesiana che rispecchi la cultura locale piuttosto che una scialba ricapitolazione dei concetti europei filtrati dall’esperienza giapponese.

La Renault svolge un ruolo trainante in questo senso. La Vel Satis è straordinariamente francese. Non c’è un grammo di sensibilità tedesca nelle sue forme. Il che suggerisce che ogni cultura locale esistente debba ancora esprimersi come faceva un tempo, oggi attraverso l’automobile.

Non c’è designer più italiano di Tom Tjaarda – nato negli Stati Uniti da un padre olandese ma residente a Torino dalla fine degli anni Cinquanta – più adatto spiegare che non importa da dove vieni, ma devi creare in armonia con il paese in cui risiedi.

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