Il salone di Pechino è stato impressionante soprattutto per le dimensioni: 890 vetture esposte, fra le quali 55 concept, 7 esordi mondiali (significativi quelli della Audi Q5 e della Mercedes GLK), 24 esordi asiatici dell’industria mondiale. Ma soprattutto c’erano 74 nuove vetture di produzione cinese, riflesso e conferma, se ancora ce ne fosse bisogno, di una Cina automobilistica la cui espansione è irrefrenabile: 5,9 milioni di auto prodotte nel 2005, 7,2 milioni nel 2006, 8,9 milioni nel 2007, dati provvisori per il 2008 che indicano una crescita agli stessi ritmi, attorno al 23 per cento.

Dopo gli Stati Uniti e il Giappone, la Cina è ormai il terzo mercato mondiale e le previsioni sono che – con questi ritmi di espansione – diventerà il secondo entro il 2015. Entro il 2020 il parco circolante dovrebbe toccare i 230 milioni di unità, sebbene oggi appena il 2 per cento della popolazione (1,3 miliardi) possa permettersi l’auto. Ma quello che più conta è che, attraverso le joint-venture con le maggiori case automobilistiche europee, americane e giapponesi, ma in modo crescente con l’aiuto dei designer europei, le principalii case cinesi si stanno orientando su vetture sempre più occidentali, in regola con gli standard di sicurezza e di emissioni e quindi anche in funzione di un prossimo assalto – c’è chi dice fra appena tre o quattro anni – ai mercati europeo e americano.

Questa è la realtà in cui i designer torinesi si sono inseriti. Per alcuni, ormai, la Cina rappresenta il 60-70 per cento del fatturato. «Il momento è da sfruttare – dice Roberto Piatti – perché sappiamo bene che non durerà all’infinito. Oggi noi realizziamo lo stile, lo studio di fattibilità, i modelli matematici e i modelli 1:1. Dopo di che i cinesi sono ormai in grado di portare avanti l’engineering per conto proprio. Sono molto veloci nell’acquisizione di know-how, tanto che stanno nascendo numerosi centri stile e di sviluppo in varie parti della Cina».

Torino Design ha presentato a Pechino la Storm 2 (3 volumi 4 porte) per la stessa Chery, le Jinbei A1GT e A1 Family per la Brilliance, il camion Yuejin per la Iveco. Ma l’attenzione è stata soprattutto per le sette vetturette Chery, nome di famiglia Faira, tutte nate da una base comune e destinate a essere immesse sul mercato fra adesso e il 2010. Molto curioso è stato, per le sette, il connubio grafico con le cinque mascotte olimpiche: «E’ stata una semplice trasposizione grafica dei tratti salienti ai frontali delle auto», spiega Biasio.

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