Il lupo, forse, se ne va. Di sicuro non azzanna più la porta dell’auto e di chi la progetta. Due anni di crisi dell’industria automobilistica mondiale hanno messo a dura prova il polo italiano del design, incentrato su Torino. Come sempre, tuttavia, sono stati l’inventiva, il coraggio di affrontare nuove strade, la ricerca dell’essenziale a far superare i momenti peggiori e a proporre un’imminente ripresa. Un’approfondita indagine di Auto&Design fra designer, modellisti e prototipisti, aziende grandi e piccole, nomi di fama mondiale e altri meno illustri, rivela un quadro in qualche caso non alieno ad accenni d’ottimismo, quasi sempre caratterizzato da una serenità e da una speranza per ora sfumate ma insperate fino a pochi mesi fa.

Una recente indagine svolta da CERIS-CNR per la Regione Piemonte – “La filiera dello stile e le politiche industriali per l’automotive in Italia e in Europa” – offre un quadro ancora preoccupante. Suggerisce che fra tutte le aziende di design (non solo automobilistico, ma per la stragrande maggioranza dedicato alle quattro ruote) di questa regione, che danno lavoro a 50 mila addetti con un eccellente fatturato pro-capite di 240 mila euro (e quindi 12 miliardi di euro in termini di valore globale), le difficoltà sopravvivono. Due su tre di tali aziende, si precisa, hanno ancora il personale – tutto o in parte – in cassa integrazione (soltanto una ha licenziato e un’altra ha invece aumentato il numero degli addetti).

Leonardo Fioravanti, nella sua veste di presidente del Gruppo Carrozzieri dell’ANFIA, l’associazione dei costruttori italiani d’auto, osserva che in base a quello studio il 40% delle aziende prevedono per il 2009 un calo di fatturato del 20-30%, ma il 40% ritiene che la riduzione sarà del 50-60% e il 7% pensa addirittura che si toccherà il 70%. L’azienda di Fioravanti si colloca nel primo gruppo, con i conti in rosso («Ma è un rosso di dimensioni definite», grazie anche al peso dei brevetti sviluppati negli anni precedenti) e il 30% del personale in cassa integrazione per tre mesi; tuttavia anch’egli registra una possibile ripresa d’attività nel 2010, soprattutto nel secondo trimestre, con programmi di lavoro sia italiani sia internazionali. «Prevediamo due possibile scenari», aggiunge: «Uno evolutivo, nel qual caso ci avvicineremmo come fatturato ai livelli del 2007; e uno innovativo, con obiettivi strategici importanti: rappresenterebbe una grande sfida che però potrebbe valere la pena affrontare». La sua vera speranza è che questa crisi porti a «fare piazza pulita di tutte le inutilità, esagerazioni e stupidaggini che si sono viste negli ultimi anni, dettate da marketing e pubblicità», che la progettualità «torni ai suoi valori veri»; due aspetti sotto i quali, a suo avviso, i designer italiani sono meglio attrezzati. «Ci salverà la bellezza», continua a ripetere scomodando Platone, per il quale la bellezza era «lo splendore del vero».

In cassa integrazione sono stati Pininfarina (il 20% del reparto ingegneria, sull’arco di 4-5 mesi, ma la divisione design è uscita indenne da quella scossa), Stile Bertone (50% del personale per due mesi, poi un residuo 10%), Torino Design (50% del personale per due mesi e mezzo), ma l’Italdesign di Giugiaro è riuscita a evitarla. Fra i modellisti e i prototipisti il panorama è analogo, forse peggiorato dal freno che le grandi case hanno applicato alla presentazione di concept e show-car. G Studio ammette di lavorare «a ritmo ridotto» (quindi a personale ridotto), Polimodel conferma di avere messo il 20% dei suoi addetti in cassa integrazione fra settembre e ottobre, la Cecomp precisa di avere messo in cassa per quattro mesi gli addetti allo stile (modelli e prototipi), di essersi salvata con la produzione di stampi per prodotti di nicchia. «Il nostro mestiere è quello di lavorare», osserva l’amministratore unico della Cecomp, Giovanni Forneris, a chi gli domanda perché, in tempo di crisi, stia allestendo nuovi capannoni.

Eppure affiora il germe dell’ottimismo. Lilli Bertone, tornata alle redini di Stile Bertone dopo avere ceduto la Carrozzeria, afferma che «non è ancora un tempo di ripresa in grande forma, ma qualcosa si muove». E’ la stessa sensazione che confermano Roberto Piatti di Torino Design («Se non capitano nuovi problemi nel 2010», aggiunge), l’amministratore delegato di Italdesign Enzo Pacella («La discesa si è fermata, siamo stabili e dobbiamo crescere, nel secondo semestre del 2010 dovremmo avere un buon miglioramento»), il direttore commerciale di Tesco Mauro Garcin («Sono cautamente ottimista: si va verso la ripresa, ma ci sarà poco di concreto prima di marzo»), Giovanni Forneris della Cecomp («La modellistica ha ripreso a pieno ritmo, abbiamo commesse fino a primavera»), il direttore generale di Pininfarina Silvio Angori («Sullo stile siamo saturi, per l’ingegneria invece siamo sottosaturi ma con un portafoglio d’ordini per 18 mesi»).

Che cosa sta concretamente accadendo al di là delle speranze? I bilanci del 2009 parlano chiaro. Sono quasi tutti in sofferenza. L’amministratore delegato di Stile Bertone, Marco Filippa, ammette un calo del 25-30% sul 2007 (ma promette un più 20% nel 2010), Italdesign meno 10-12% sul 2008, Pininfarina proclama una buona tenuta (ma male era andato il 2008). Peggio fra i modellisti: uno per tutti, Cecomp che dichiara meno 40-50% nel primo semestre, poi un ritorno a “livelli normali”. Quasi tutti – l’eccezione è Stile Bertone – denunciano, oltre alla riduzione di nuove commesse, il rallentamento o il temporaneo congelamento di contratti già firmati, in qualche caso abbastanza raro addirittura l’annullamento. Tutti, soprattutto i “piccoli”, lamentano i tempi di pagamento delle commesse. «I soldi si prendono quando ci sono», osserva filosoficamente Pietro Guerrieri della Polimodel. Più lapidario Piatti di Torino Design: «La crisi sembra avere autorizzato a comportamenti scorretti».

Al polo torinese del design sono mancate in certa misura le commesse del Gruppo Fiat, sempre più propenso a internalizzare (ma Pininfarina e Tesco parlano di “livello costante”, mentre Stile Bertone accarezza speranze di ripresa legate al rilancio Chrysler). «Torino ci ha lasciato in brutte acque», dice Forneris di Cecomp. La Fiat non è la sola: in calo anche le commesse delle case tedesche e francesi. Molti hanno tentato di uscire dall’impasse cercando nuove vie, il che significa essenzialmente l’Oriente o una profonda diversificazione. Sulla strada della Cina (e in qualche misura dell’India) sono – chi più chi meno – quasi tutti, soprattutto modellisti e prototipisti. La Pininfarina dichiara un equilibrio fifty-fifty con l’Europa, per Stile Bertone l’Oriente pesa per il 40% sul budget («Ma nella proiezione 2011-12 – dice Filippa – la percentuale europea aumenterà»), Piatti di Torino Design afferma provocatoriamente che «senza Cina e India Torino sarebbe morta da cinque anni», Garcin ricorda che la Tesco ha lavorato anche per la Libia di Gheddafi. Sono pochi quelli che, come Pierangelo Maffiodo di G Studio, dicono no alle lusinghe d’Oriente.

Qualcuno – ma non si capisce bene chi, gli accusati a loro volta accusano – gioca al ribasso dei prezzi. «Un errore strategico fondamentale, un suicidio», dice Pacella di Italdesign. «Pur di assicurarsi una commessa – aggiunge Piatti di Torino Design – qualcuno la esegue praticamente gratis. A parità di prestazioni molti prezzi sono inferiori a quelli di 25 anni fa». Non restava, ai più, che affrontare la crisi con l’arma della diversificazione. Stile Bertone, rivela Filippa, «ha già acquisito un importante progetto ferroviario che ci vede molto impegnati e che è affidato all’architetto Franco Carretto. Ma lavoriamo anche nei settori dell’energia, dell’ambiente, della ricerca pura». Anche Tesco si dà alle ferrovie (Finmeccanica) e alle macchine movimento terra (Same e Case-New Holland), oltre che al design industriale (Indesit, Merloni). Anche G Studio si è mossa sull’industrial design, occupandosi di barche come di oggettistica (ma ha anche affrontato camion e moto). Torino Design ha stretto un’alleanza con la britannica MIRA, con cui sta creando una nuova intera famiglia di veicoli commerciali Ashok-Leyland per l’India.

Ciascuno s’ingegna come può. L’importante è che il lupo si allontani davvero.

L’articolo continua su Auto & Design n. 180