È affascinante osservare come la storia si ripeta inesorabilmente quasi fosse programmata e inevitabile. Nel numero 183 di Auto & Design, Roberto Piatti ci ha fornito una visione molto chiara dello stato attuale dell’industria automobilistica mondiale e la percezione di ciò che potrebbe avvenire nel prossimo futuro. Questo articolo mi ha fatto immediatamente pensare a cosa è successo un centinaio di anni fa e a ciò che potrebbe succedere da qui a una decina o ventina d’anni.

Nel 1910 l’Europa produceva e usava le automobili già da due decadi almeno e tutti pensavano che si sarebbe continuato su questa strada, con l’Inghilterra, la Francia e la Germania in testa. Gli Stati Uniti, sostanzialmente un’economia agricola, costruivano anch’essi automobili, ma semplici (come la Oldsmobile due posti monocilindrica con sterzo a barra) e alquanto grezze se paragonate ai prodotti europei. Eppure, solo qualche anno più tardi, fabbricavano più veicoli di tutto il resto del mondo messo insieme, in parte grazie ai metodi di produzione avanzati, ma ancor più per via dei mutamenti sociali.

Il programma di Henry Ford di ridurre i prezzi delle vetture e di aumentare la paga dei dipendenti in modo che potessero acquistare i veicoli che producevano fu un’innovazione radicale. In certo qual modo, la Cina sta subendo le stesse trasformazioni sociali un secolo dopo, con una popolazione rurale che si sta inurbando, lavora in fabbrica, diventa classe media e compra automobili più che in qualsiasi altro paese, come era avvenuto negli Stati Uniti. Consideriamo questi fenomeni in termini di design.

Credo di poter affermare con sicurezza che, nel 1910, lo stile si-gnificasse molto poco per i costruttori e gli acquirenti delle vetture, ma pochi anni dopo, con Castagna in Italia e Labordette in Francia, furono create carrozzerie molto eleganti per telai che avevano già raggiunto un livello di affidabilità tale da rendere l’automobile appetibile non solo da parte di sportivi giovani e impavidi che volevano un giocattolo eccitante seppur pericoloso.

Negli Stati Uniti, le vetture restarono scatole verticali ben poco eleganti quasi fino alla fine degli anni Venti, quando la fiorente industria automobilistica americana cominciò a far proprio lo stile e a democratizzarlo. La General Motors iniziò i suoi sforzi in questo senso nel 1927 e i frutti si videro a metà degli anni Trenta, quando le vetture di produzione americane potevano più che competere con i design eleganti dei carrozzieri europei; e a buon diritto, visto che molte erano chiaramente copie di quanto si produceva altrove.

La La Salle del 1927, il primo progetto di Harley J. Earl per l’Art and Colour General Motors, era palesemente niente più che la copia grossolana di un design Hispano-Suiza. Questo non vi ricorda i giapponesi che copiavano i modelli britannici e americani o i cinesi che fanno grosso modo la stessa cosa oggi, pur usando vetture tedesche come modelli, come fa notare Piatti? È molto raro che chiunque inizi un nuovo progetto complesso mai tentato prima non “si ispiri” a qualcosa che esiste già e che può servire come riferimento per fronteggiare le incognite. È del tutto ragionevole provare a eseguire un nuovo compito lasciandosi guidare dai propri predecessori nel settore. La maggior parte dei produttori ha cominciato così; non è assolutamente disdicevole che la BMW abbia iniziato costruendo vetture Austin 7 su licenza.

In termini di stile, nel periodo 1930-1940 la gigantesca industria americana era molto avanti rispetto al resto del mondo, a differenza di pochi anni prima. All’inizio degli anni Trenta, le Cord, Duesenberg, Packard e Auburn, per nominarne solo alcune, erano interessanti quanto qualsiasi modello europeo. Nel 1934, gli aerodinamici modelli Chrysler e De Soto Airflow furono uno shock per gli europei, che copiarono prontamente le loro linee in modelli molto diversi come Peugeot, Volvo e Berliet.

La Toyota fece la stessa cosa per la sua prima vettura e i fari carenati nella carrozzeria o nei parafanghi comparvero nel 1935 sulla Lincoln Zephyr e nel 1937 sulle Ford di serie. Non era tanto il fatto che le automobili americane fossero innovative e avanzate, quanto che fossero poco costose da produrre, acquistare e gestire che gli Stati Uniti ottennero i loro vantaggi, tra cui la disponibilità di fondi per lo sviluppo di cambi automatici, servosterzo, aria condizionata, vetri laminati di sicurezza e altre migliorie tecniche adottate molto più tardi altrove.

Se la storia ha valore di guida, per quanto imprecisa possa essere, ritengo si possa prevedere che nel prossimo futuro la Cina diventerà leader nei settori dello stile e delle rifiniture, non solo nei volumi di produzione e nella riduzione dei costi dei veicoli destinati alla grande produzione. Per il momento non esistono equivalenti cinesi degli eccellenti modelli europei, in particolare di quelli italiani come le Ferrari, le Lamborghini, le Maserati, le Pagani e così via, ma secondo me ci saranno. Ritengo anche che esisteranno vetture di base ben oltre la norma come le Honda in Giappone, o le Lancia e le Alfa Romeo in Italia quando erano ancora case indipendenti, non solo produttori di Fiat rivisitate.

Il mondo è in continua trasformazione e ciò che intravedo per il design dell’automobile è una fioritura di immaginazione in Cina che avrà un’enorme influenza sul resto del mondo. A mio parere, l’impatto più significativo sarà sulle vetture elettriche, che secondo i più stanno raggiungendo il mercato della produzione di massa. Un segno premonitore è il fatto che il primo aeroplano leggero equipaggiato solo con un set di batterie e un motore elettrico per l’alimentazione mai sviluppato per la vendita come prodotto di consumo e non come progetto di ricerca sia lo Yuneec E430. Cinese, naturalmente.

L’articolo continua su Auto & Design n. 184