EVOLUZIONE DELLO SPIRITO MICROBUS (Auto&Design n.190/2011)

Se non fosse stato per Ben Pon, importatore olandese di Volkswagen nell’immediato dopoguerra, non ci sarebbe stata quest’altra leggenda della casa di Wolfsburg sfociata al salone di Ginevra 2011 nel concept Bulli. Fu lui, nel 1947, a tracciare su un foglio di carta la sagoma di un minibus, ancorato al telaio del Maggiolino, che tre anni dopo sarebbe diventato un’icona mondiale. Il nome in codice, nello stabilimento VW, era T1, che stava per Transporter 1: i tedeschi lo chiamavano Bulli, gli americani Microbus. Sarebbe stato venduto e utilizzato in ogni salsa: come trasporto multiplo, come camper familiare, come casa per i “figli dei fiori”. Con il concept di Ginevra i designer di Wolfsburg hanno voluto reinterpretare a 61 anni di distanza lo spirito del T1, destinandolo a una nuova generazione: semplice, pulito e soprattutto divertente. Un altro tassello nell’”operazione simpatia” che caratterizza il nuovo corso Volkswagen.

Volkswagen Bulli

Nel 2001 era già stato presentato un altro concept, il Microbus, sviluppato sulla base del T5, il più grande dei minibus VW. «Il nuovo concept Bulli è molto più piccolo del Microbus, ma anche più piccolo del Bulli originale», spiega Klaus Bischoff, responsabile del design per il marchio: «Oggi molti automobilisti, compresi i giovani, vogliono una vettura estremamente flessibile. Ma se fossimo entrati in un segmento più grande, per esempio con tre file di sedili, avremmo progettato un Mpv con numeri di mercato poco interessanti. Dovevamo rimanere in un segmento più piccolo, ma caratterizzato da grandi numeri. Abbiamo così ridefinito l’identità del prodotto. Il concept Bulli è perciò molto più compatto del concept Microbus del 2001, ma con due file a tre posti ha la stessa versatilità del vecchio Bulli. I sedili, per esempio, possono essere appiattiti e diventare un comodo letto di oltre due metri. Nel cammino verso la produzione in serie cercheremo di mantenere questa formula, anche perché un veicolo così può essere tutto: un furgone, un taxi. Molto può accadere se facciamo bene il primo passo».

Volkswagen Bulli
Volkswagen Bulli
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Stefani, quello degli interni da Tomasz Bachorski, per color&trim Oona Scheepers – cercavano soluzioni per rientrare in quel mercato così unico e iconico, per affiancarsi ai people carrier della casa (Caddy, Touran, Sharan, Caravelle). « L’occasione è venuta da una nuova piattaforma allestita dai nostri ingegneri: una MTP (modular traction platform), adatta cioè a qualsiasi tipo di powertrain, elettrico, ibrido, a combustione interna, con fuel cell. Una piattaforma con le ruote spinte alle quattro estremità, una superficie interna quasi completamente piatta, una posizione di guida relativamente alta, uno sbalzo minimo davanti e dietro, una carreggiata larga, grandi ruote. L’avevano studiata in funzione di un Mpv, ma faceva proprio al caso nostro. Ci ha consentito di sviluppare uno stile del tutto unico. Abbiamo progettato il concept, lo abbiamo proposto alla dirigenza e il sì è stato immediato, in linea con l’approccio emotivo che già avevamo voluto formulare con la Beetle e con la up!, volte a mostrare un altro volto del marchio».

Volkswagen Bulli
Volkswagen Bulli
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La Bulli ginevrina è elettrica, ha un motore da 85 kW e batterie – sono sotto il pavimento, ricaricabili in un’ora – che le conferiscono un’autonomia di 300 km (da 0 a 100 in 11,5 secondi, velocità massima 140). Quella di serie, a cui i designer VW stanno lavorando, offrirà probabilmente motori diesel, benzina e ibridi. Ma la fisionomia non cambierà molto. Lunga un centimetro meno di quattro metri, larga 1,75 e alta 1,70, se messa accanto alla Bulli originale rivela i concetti del nuovo corso: più corta, più bassa e più larga. Rétro? «No, Volkswagen», risponde Bischoff, che con il responsabile per il design del Gruppo VW, Walter de Silva, ha affinato il Dna per le Volkswagen di nuova generazione.