La Jaguar I-Pace vince il premio Car of the Year 2019.

Un nuovo linguaggio di design? «No», risponde Ian Callum: «Quello resta tipicamente Jaguar. A cambiare sono state le proporzioni. La grafica ha un che di familiare, perché vogliamo che l’utente vi riconosca una Jaguar, ma basta guardare la I-Pace sulla strada e si capisce che è qualcosa di completamente diverso». Così, in poche parole, il responsabile del design spiega la svolta cruciale del marchio inglese, che presentando a Ginevra questo Suv relativamente compatto si è lanciato nel mondo delle auto elettriche. Non è che l’inizio, perché secondo Callum la I-Pace rappresenta la sagoma di base di   altre Jaguar a venire, di un’intera famiglia elettrica che potrà sfruttare la stessa struttura meccanica.

I-Pace

«Abbiamo deciso – spiega Callum – che si potesse, in un’auto con un motore elettrico sull’asse anteriore e uno sul posteriore, accorciare in modo drammatico il muso perché non c’era motivo di avere un cofano lungo. Ma non volevo che I-Pace diventasse un semplice hatchback. Il design doveva riflettere la realtà della nuova meccanica, così abbiamo spinto il peso in avanti, come se si trattasse di un’auto a motore centrale».

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E’ un tipo di soluzione che appassiona Callum fin da quando Ferrari lanciò negli Anni 60 la 250 Le Mans e che in Jaguar ha due precedenti: il prototipo da corsa XJ13 del 1966 e il concept ibrido C-X75 presentato a Parigi nel 2010, a cui nella I-Pace non mancano precisi riferimenti, come gli ampi parafanghi anteriori, le curve coraggiose, le fiancate muscolose e la straordinaria linea di cintura. «Spingendo il peso visivo in avanti l’inevitabile si è fuso con l’auspicabile, con la nascita di una fisionomia “cab forward”, cioè abitacolo in avanti, con l’intera struttura che sprofonda nei montanti A; è una progressione naturale del linguaggio stilistico Jaguar.

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A risultato finito è facile dire quanto sia Jaguar quest’elettrica, che eroga 200 cavalli per motore, raggiunge i 100 km/h in 4,8 secondi, ha una velocità massima di 200 km/h e un’autonomia di 480 km. Gli stilemi Jaguar aiutano: la calandra, le linee «scolpite e in armonia le une con le altre», ma soprattutto, osserva Callum, «con una direzione precisa, un inizio e una fine, non come certe auto nelle quali non si capisce bene dove le linee finiscano».

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Ma ammette che per lui si è trattato di una difficile «curva di apprendimento». «Ho dovuto apprendere – dice – un nuovo tipo di struttura meccanica, il funzionamento delle batterie, le necessità di raffreddamento e i relativi volumi d’aria. Per un’auto a combustione interna posso fare un bozzetto quasi a occhi chiusi. Ma questo per me era tutto nuovo. E’ un momento importante: sono convinto che l’auto cambierà nei prossimi 15 anni più di quanto abbia fatto negli ultimi 100».

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Gli interni, sviluppati dall’équipe di Alister Whelan, hanno potuto sfruttare la nuova architettura che, con le batterie sul fondo, elimina il tunnel centrale. La cura per il dettaglio, la funzionalità, l’avanzato sistema d’infotainment Touch Pro Duo, si combinano in stile cabina di comando con la fluente consolle. «Gli interni – afferma Callum – hanno un grande impatto emotivo, in grado di eccitare i sensi: il guidatore è assolutamente protagonista e i passeggeri hanno tutto lo spazio necessario. Viaggiare nella I-Pace significa sperimentare qualcosa di speciale. E questo è ciò che deve offrire una Jaguar».

L’articolo continua su Auto&Design n. 230