Ventimila chilometri in 60 giorni per ritornare là dove tutto è iniziato. Dalla Cina all’Italia con traguardo d’arrivo alla sede di Italdesign. Tutto ha inizio nel 2011 quando la design house italiana realizza lo stile e l’ingegneria del FAW Jiefang J7, un camion disegnato per essere venduto sul mercato cinese. Sette anni dopo, alcuni componenti dell’azienda cinese hanno deciso di intraprendere un viaggio proprio con quel camion, percorrendo in senso contrario la via della seta per arrivare alle porte della città di Torino. Il motivo? Rendere omaggio all’Italdesign che con cura e passione si è dedicata alla realizzazione del progetto.
«Questo viaggio ci riempie d’orgoglio e siamo davvero felici che siano tornati a trovarci. Il livello qualitativo di questo mezzo è altissimo, l’unica differenza con i prodotti europei o americani è la targa che, ovviamente è cinese», ha detto sorridendo Joerg Astalosch, CEO di Italdesign, durante l’incontro con la stampa organizzato in occasione dell’arrivo del team cinese. «È sempre una grande emozione vedere concretizzate le proprie idee, che nel frattempo si sono trasformate in un oggetto vero e funzionante. Che siano automobili di serie, super sportive o, come in questo caso, mezzi imponenti come un TIR, per un designer e per l’intero team che ha lavorato sul progetto il fatto che i camion siano arrivati qui dopo un viaggio di mesi e migliaia di km è un’enorme soddisfazione», ha dichiarato Filippo Perini, capo del design di Italdesign.
Per sviluppare al massimo livello l’ergonomia degli interni del J7 si sono messi tutti in gioco. Trenta persone tra ingegneri e designer sono letteralmente saliti sul modello del camion con alla mano una scheda di valutazione per studiare e migliorare tutti gli aspetti ergonomici degli interni. «Abbiamo avuto così numerosi feedback che ci hanno permesso di apportare ulteriori migliorie al modello e che si sono rivelate decisive nella realizzazione del prodotto finale», ha spiegato ad Auto&Design Cristiano Fracchia, responsabile dello stile degli esterni. «Per quanto riguarda la fase di progettazione, abbiamo realizzato prima un modello in polistirolo in scala 1:1 e successivamente uno in epowood finale che abbiamo mostrato al cliente».
Sebbene siano passati solo pochi anni, il metodo lavorativo per un progetto di questa tipologia è stato completamente rivoluzionato grazie all’avvento della realtà virtuale. «Ora è tutto diverso. Il Clay è praticamente sparito, si fa solo il printing del modello ultimato in modo tale da mostrare il prodotto finale fisico al cliente. Un tempo la realtà virtuale era un passaggio integrativo di tutto il processo, ora è determinante e centrale», ha concluso Fracchia.