Per decenni hanno accompagnato le famiglie lungo le strade dell’evoluzione sociale, economica e tecnica del Paese e dell’intera Europa: le compatte Fiat sapevano rivelarsi, più di altre, un approdo sicuro per tanti giovani professionisti e padri alla ricerca di un prodotto concreto, spazioso e, a un tempo, capace di comunicare modernità e piacevolezza estetica. Erano gli anni della 128, della Ritmo o della prima Tipo, piccole eccellenze del quotidiano che hanno rappresentato a lungo una certezza per gli italiani e un pungolo per la concorrenza. «Lo spirito della nuova famiglia Tipo costituisce, in un certo senso, un ritorno a quel periodo», esordisce appassionato Andreas Wuppinger, a capo dell’interior design di FCA per la regione EMEA.
«Mentre molte Case, oggi, immaginano che il segmento C richieda una continua rincorsa all’ultimo gadget, il nostro ideale era mettere a punto un’inedita miscela di tecnologia, robustezza e fruibilità, offrendo un’auto molto completa senza strafare», continua. Il progetto, che all’inizio prevedeva soltanto la variante a tre volumi, richiedeva dunque un corpo vettura semplice e privo di arzigogoli, («no frills», sintetizza efficacemente Alberto Dilillo, responsabile del design del brand Fiat), ma anche generosamente arricchito di solidità visiva e “presenza stradale”. Non a caso Klaus Busse, capo del design di Fiat, Abarth, Lancia, Alfa Romeo e Maserati, interviene dichiarando: «Al di là degli elementi esterni della carrozzeria, le parti che preferisco nella Tipo sono i suoi innumerevoli dettagli funzionali: il design deve essere sempre finalizzato a uno scopo».
Il processo di articolazione della gamma si è sviluppato con «naturalezza», come confermano a più voci i componenti del team: alcune elaborazioni fotografiche della primigenia quattro porte hanno permesso di capire quanto le linee si dimostrassero potenti nella loro semplicità, al punto da poter ispirare direttamente altre versioni coerenti. Il contrario di quanto accade di solito, quando si parte dalla necessità di una nuova carrozzeria e si cerca poi uno stile per confezionarla.
Il principio della fluidità e della leggibilità delle forme si sposa perfettamente con l’esigenza di conferire “consistenza” alla vettura e, in particolare al frontale. Che si allarga in un’impostazione orizzontale e non rifugge da un certo dinamismo: «Per la calandra ci siamo ispirati addirittura alla tradizione delle prese d’aria Maserati», racconta con una punta d’orgoglio Fabio Ricupero, giovane e vivace designer degli esterni.
Perfino l’aerodinamica si avvale di profili e fessure strategicamente disposti: «Sono due degli aspetti che amo di più della Tipo», confessa Busse. «Le aperture esterne inferiori della fascia anteriore non hanno un fine estetico, ma agiscono da dispositivi aerodinamici funzionali, e il tetto “a doppia bolla”, pur consentendo di mantenere una silhouette ribassata, fornisce spazio aggiuntivo per la testa ed elimina le barre portatutto».
Alla carrozzeria perfettamente «intellegibile e comprensibile», secondo il designer degli interni Carlo Santacroce, si accosta un abitacolo concepito secondo gli stessi principi, profondamente in linea con i contenuti del progetto e in grado di valorizzarne il packaging. «Non è semplice disegnare un’auto a vocazione internazionale e renderla così coerente», riflette Dilillo, «ma la totale libertà nel progettare la scocca ci ha aiutato, anche all’interno». I montanti interiori non troppo inclinati determinano una plancia poco sviluppata in profondità e dunque meno imponente, corroborando l’impressione psicologica di abitabilità.
Concretezza intellegibile, semplicità rassicurante, packaging accogliente: esiste una formula più efficace per tornare alle compatte Fiat del passato?
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