Al Mondial de l’Automobile di Parigi, Peugeot ha svelato una delle rare e vere “concept car” del salone per superare il sentimento di tristezza che la crisi economica sta riversando su tutta l’Europa. Per i designer di una grande azienda generalista, la creazione di concept car estreme costituisce una via di fuga alla realtà quotidiana. Peugeot ha offerto spesso questa opportunità ai suoi designer. Ricordiamo la Quasar (1984), la Proxima (1986), la Oxia (1988) o la 907 (2004) che erano giustificate da un’attività sportiva ai più alti livelli. Peugeot ha infatti ottenuto due titoli di campione del mondo di rally (1985 e 1986), due vittorie alla Dakar (1987 e 1988) e tre successi alla 24 Ore di Le Mans (1922, 1993 e 2009).

Allo stesso modo, la Onyx avrebbe dovuto far eco ad una stagione sportiva che si annunciava appassionante – e perché no, trionfale – con la 908 Hybrid4. Il prototipo fu concepito per participare al Campionato del Mondo Endurance (WEC) e alla 24 Ore di Le Mans. Ma ecco che il 18 febbraio 2012 la direzione della Peugeot annunciò di rinunciare a questo impegno per ragioni economiche.

A dispetto di questo cambiamento di strategia, Gilles Vidal, responsabile dello stile Peugeot, decise di perseguire il suo programma e si compiace oggi di «non aver ceduto alla tristezza diffusa e al voluto clima di ansia».
Ed ecco che questo estroverso progetto arriva dopo una serie di concept car che volevano essere più assennate e realistiche.

Peugeot ha così il merito di mostrare al Mondial una vera concept car e non, come i suoi concorrenti, un prototipo che annuncia un futuro modello di grande diffusione. Certo, alcuni critici hanno insinuato che gli stilisti, relegati ad un’attività di generalisti e assenti dall’alto di gamma, avrebbero compensato le loro frustrazioni creando una vettura superlativa. Certi altri hanno valutato che una proposta simile potesse risultare sgradita in un momento dove si parla di licenziamenti e chiusura degli impianti … Ma l’azienda ha il merito di proiettarsi lontano in un futuro che dobbiamo sperare migliore.

L’articolo continua su Auto & Design n. 197