Nel 2006, Laurens van den Acker, nominato da poco direttore del design Renault, lanciò una strategia di design innovativa. Attenendosi alla filosofia del ciclo della vita umana, secondo la quale le persone si innamorano, maturano, creano una famiglia e diventano sagge, creò una serie di studi di ricerca che portarono alla revisione estetica totale del portfolio di prodotti Renault. La DeZir fu il primo risultato di questa strategia.
Ma il ciclo di vita di un’auto dura solo sei-otto anni: ecco dunque la Trezor, prima di una serie di concept car che aprono la strada alla prossima generazione di modelli Renault. O, come spiega Van den Acker: «Dovevamo compiere un ulteriore passo avanti, ma senza perdere di vista la storia del ciclo di vita umano. Questa volta sarà diverso, con una maggiore focalizzazione sulla continuità pur sorprendendo ancora e seguendo i gusti mutevoli dei consumatori. Tra pochi anni il design determinerà il successo sul mercato e l’80% delle vendite in ogni segmento sarà deciso da non più di tre o quattro modelli. Con il sostegno della dirigenza e maggiore libertà di progettazione potremo competere con tedeschi e giapponesi in fatto di tendenze».
La Trezor è una sportiva elettrica all’avanguardia lunga 470 cm e alta 107 cm, come la DeZir, ma diversa sotto molti profili. «Una GT in cui una giovane coppia può fare un viaggio romantico», secondo Van den Acker. Il frontale è più semplice rispetto alle attuali Renault, ma ancora riconoscibile, con la grafica a D delle luci diurne. La parte posteriore lunga e arrotondata introduce una nuova eleganza rispetto alla coda tronca di tante sportive. Il tettuccio rosso trasparente si apre insieme al cofano, consentendo l’accesso agli interni dello stesso colore. «È come un portagioielli che contiene gli anelli per chiedere la mano della propria partner viaggiando», sorride Van den Acker prima di cedere la parola al suo braccio destro per il design avanzato Stéphane Janin.
Janin spiega che le sfaccettature esagonali delle fiancate e del cofano, che ricordano la risoluzione delle superfici dei monoblocchi delle vecchie Bugatti, svolgono una funzione non solo grafica: «Nel cofano possono aprirsi per facilitare la circolazione dell’aria del vano motore. Ma è anche possibile avvertirne i profili, che abbiamo riprodotto nella carrozzeria in fibra di carbonio. Nemmeno la verniciatura può disturbare il profilo elegante». Questa risoluzione delle superfici conferisce alla carrozzeria una nuova dimensione. Gli elementi orizzontali in filigrana dei fanali posteriori sono realizzati in fibra ottica, che si attenua o si illumina a seconda della funzione, per esempio in frenata.
La plancia, leggermente ricurva e a L, è più che un semplice I-pad. Le funzioni principali come climatizzazione, indicatori, opzioni di cambio e funzionamento audio sono ancora analogiche. Gli interni rossi sono realizzati con materiali diversi, tra cui la pelle e il legno agglomerato (frassino). «Per questo abbiamo lavorato con il produttore francese Keim, rinomato per le sue biciclette robuste e ultra leggere», spiega Janin.
Articolo completo su Auto&Design n. 221