Se si prende il profilo della 458 Italia presentata al salone di Francoforte e lo si sovrappone a quello della 430, di cui è l’erede diretta, si scopre con sorpresa che l’ultima nata di casa Ferrari non deborda neppure in un punto. «Con la stessa architettura – spiega Fabrizio Valentini – abbiamo disegnato una macchina decisamente più asciutta, più efficiente, più aerodinamica, con una sezione frontale inferiore. Abbia-mo migliorato la 430 in termini sia di design, sia di efficienza». Vice direttore del design Pininfarina, Valentini è stato a capo del progetto 458. Sotto il controllo di Lowie Vermeersch, che della carrozzeria torinese è direttore del design e che definisce questa Ferrari «essenziale nella sua forma, con un baricentro visivo sempre più basso», è stato responsabile degli esterni, mentre gli interni – come già era accaduto con la California – portano la firma di Donato Coco e della sua équipe di designer a Maranello.
Vermeersch parla di «progresso sulla strada dell’innovazione per esprimere meglio le qualità della vettura»; e precisa che si tratta di «un’innovazione formale forte a livello di proporzioni, volumetria, impostazione dell’auto». È abbastanza per parlare di un nuovo linguaggio formale disceso su Maranello? «Abbiamo voluto fare una macchina – risponde Coco – che facesse un passo avanti decisivo in termini d’innovazione estetica e di contenuto sulla formula della berlinetta due posti 8 cilindri a motore centrale posteriore. Partendo dalla 430, che non volevamo stravolgere globalmente e dimensionalmente come architettura generale, abbiamo cercato di innovare con un nuovo linguaggio. Ma attenzione: non c’era, dogmaticamente, la volontà di creare un linguaggio nuovo, di inventare una nuova corrente stilistica, bensì quella di trattare audacemente certe funzionalità: un cambiamento generazionale di stile su una formula tradizionale».
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