L’idea di realizzare questa monoposto estrema per i cinquant’anni della Lamborghini è di Walter de Silva, capo del design del gruppo Volkswagen. Durante uno dei suoi frequentissimi viaggi in aereo, traccia le linee di base della supercar: un abitacolo raccolto, incastonato al centro e chiuso da un cupolino trasparente come sui caccia, da cui trae origine un fuso centrale che va a generare un frontale a trimarano. «Facciamo una vettura egoista», dice ai suoi designer spiegando quel concetto inedito ed esclusivo: l’aggettivo è così rappresentativo dello spirito della nascente fuoriserie che diventa subito il nome in codice del progetto – e in seguito della vettura stessa.

Un progetto da svolgere lontano da Sant’Agata Bolognese, sede della Lamborghini, e gestito in totale discrezione in uno studio del gruppo non ancora noto alle cronache. Situato a Braunschweig, non lontano da Wolfsburg, è guidato da Alessandro Dambrosio, assistente di de Silva e responsabile dei progetti Interbrand per il Volkswagen Konzern Design, che si mette subito al lavoro per definire lo stile esterno. «Mettete un toro nella fiancata», aveva inoltre raccomandato de Silva all’inizio della ricerca formale e il primo figurino mostra chiaramente la sagoma di un toro che carica e spinge la ruota anteriore, con il ripetitore laterale arancione a segnarne l’“occhio”, un tema che alla fine diventerà molto più stilizzato ma sempre leggibile.

Per l’abitacolo viene coinvolto il capo dell’Interior Design del gruppo VW Stefan Sielaff; lui e il suo team dello studio di Potsdam lavoreranno a strettissimo contatto con lo studio di Braunschweig. L’idea è di creare una cellula coperta da una calotta trasparente, sovrastata posteriormente da un guscio di carrozzeria che scorre all’indietro per consentire il sollevamento della cupola. Una sorta di cockpit da innestare al centro della vettura, ispirato agli elicotteri Apache.

L’evoluzione è molto rapida. Il progetto, partito a novembre 2012, viene svolto tutto in virtuale («così lavora il centro di Braunschweig, dotato giusto di un piano di riscontro, mentre modelli e prototipi vengono fatti esternamente», spiega de Silva), ed è sempre in base alla modellazione virtuale che si prendono le decisioni che porteranno alla Egoista, anche se viene comunque realizzato un modello in foam 1:1. Si procede quindi con il prototipo marciante, che impiega la meccanica della Gallardo con motore V10 5,2 litri da 600 CV, e che verrà presentato l’11 maggio 2013 a Sant’Agata Bolognese in occasione della cena di gala celebrativa del del 50° anniversario Lamborghini.

 

Alla scoperta dell’Egoista

Per scoprire in dettaglio questa fuoriserie senza compromessi siamo andati a Braunschweig, là dove tutto ha avuto origine. Vista dal vivo, la Egoista è ancora più stupefacente, ma anche assai più comprensibile, rispetto alle immagini viste sinora. Il frontale rimane l’aspetto più impressionante – e destabilizzante – per l’osservatore perché stravolge l’immagine classica del “volto” automobilistico composto dalla calandra affiancata dai fari.

L’impressione è di trovarsi al cospetto di una creatura sconosciuta e proteiforme, in continua trasformazione anche nella vista laterale, sebbene questa sia più facile da metabolizzare. «Abbiamo definito un corpo vettura molto pulito nella parte alta, con appendici aerodinamiche a scomparsa che si richiudono a filo delle superfici, ispirate ai flap degli aerei», spiega Alessandro Dambrosio mostrando come invece in basso – e soprattutto nella coda con meccanica a vista come nelle moto naked – tutto sia molto più “aperto”, con i passaggi aria evidenziati da griglie scolpite in 3D e rifinite con una particolare verniciatura soft touch. L’arancio dei rivestimenti interni è invece tipico dei materiali ignifughi per impieghi ad alte prestazioni». Arancione è anche la cupola del padiglione, così come i cerchi ruota, con un efficace e vivace contrasto sia con il grigio chiaro della carrozzeria, sia con la fibra di carbonio di cui è ricca l’Egoista.

Articolo completo su Auto & Design n. 202