Dopo le concept car Volta e Quaranta, è Namir la terza tappa del percorso ibrido iniziato nel 2004 dall’Italdesign Giugiaro.
Un coupé a 2 posti che a Ginevra ha esaltato la creatività made in Italy, anche se il suo nome è arabo (Namir significa tigre) in omaggio a Kamal Siddiqi, presidente della casa inglese Frazer-Nash partner tecnologico di Giugiaro nella realizzazione del progetto.
Tigre perché questa sportiva da record (oltre 300 km l’ora con accelerazione 0-100 in 3,5 secondi: nessuna ibrida osa tanto) esprime eleganza, potenza, aggressività.
Gioca sull’equilibrio tra stile e meccanica. Un mix bilanciato nella proporzione dei volumi e nell’armoniosa dicotomia tra gli spigoli accentuati della coda e la sinuosità delle curve sul frontale.
Namir è lunga 4,560 metri, larga 1,972 e alta 1,186. Ha una struttura in alluminio con cofano e posteriore in carbonio, un’aerodinamica straordinaria.
Il layout filante propone linee nette e spigolose e contrasti cromatici tra l’arancio perlato della carrozzeria e il nero dei vetri e delle mascherine con prese d’aria integrate: accostamento che ricorda le pezzature della tigre.
Il tema portante è il rombo, che detta gli stilemi del concept traendo spunto dal diamante, logo storico della casa inglese che griffa il cofano, sopra la G rossa a centro calandra, segno distintivo dei prototipi Giugiaro.
L’aggressività anteriore è accentuata dal rilievo digradante a “V” della sezione centrale, dall’ampia aerazione nel disegno della calandra e dal taglio dei fari convergenti nei parafanghi, rialzati rispetto all’andamento aquilino del cofano.
Domina, sotto il profilo strutturale ed estetico, l’ampio parabrezza che si incunea fino a metà cofano, prolungandone idealmente il motivo geometrico sul tetto e lungo le fiancate, e incorpora i pannelli solari che alimentano la climatizzazione.
La linea di cintura parte dal passaruota anteriore e sale verso il parafango posteriore tagliando diagonalmente la superficie trasparente in un continuo gioco di incastri volumetrici e cromatici.
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