Secondo gli organizzatori, all’ultima edizione del North American International Auto Show di Detroit erano presenti quasi 5500 giornalisti di 63 paesi. Forse è vero, ma hanno riportato pressoché tutti la stessa notizia: l’industria automobilistica americana si sta riprendendo. Eppure, nonostante gli indubbi segnali di aumento delle vendite, e i conseguenti profitti illusori, le cose non sono affatto positive come gli inviati e i PR aziendali proclamavano ad alta voce.
Ci sono grosse falle nelle gamme di prodotti General Motors e Chrysler, e ci vorranno quanto meno molti anni prima che vengano colmate adeguatamente. La Ford è in forma migliore, ma è ancora debole nel comparto automobili quanto è forte nei truck, quindi ha bisogno anche lei di tanti prodotti nuovi. Quella che un tempo era la sua maggiore fonte di profitti, la SUV Explorer su base truck, è ricomparsa in una nuova e promettente versione crossover, ma la cancellazione del marchio Mercury ha lasciato il suo secondo canale di vendita, la rete Lincoln-Mercury, con una gamma incompleta, carente di prodotti entry-level e intermedi.
Sulle aziende americane incombe lo spauracchio di rapporti difficili con i lavoratori. Il nuovo presidente del sindacato United Auto Workers, Bob King, è determinato a revocare tutte le concessioni che l’UAW era stato costretto a fare mentre due delle “Big Three” scivolavano verso la bancarotta. In questo inizio d’anno, quindi, nubi nere si addensano ancora su Detroit.
Tutti i costruttori tedeschi e le case coreane e giapponesi erano presenti all’Auto Show con nuove vetture e al piano principale del salone la casa cinese BYD esibiva numerose proposte elettriche e ibride. In ordine alfabetico, la Audi ha lanciato la recentissima A6, molto bella e così poco diversa dal modello precedente che solo uno specialista di Audi riuscirebbe a distinguerle su strada. La BMW ha presentato due nuovi modelli, la Serie 6 decappottabile, alquanto gonfiata, con lo sbalzo posteriore estremamente lungo, e l’entusiasmante modello Serie 1 M molto potente e decisamente più piccolo, che richiama la 2002 degli anni Sessanta che aveva reso famosa la casa in America.
La divisione Mini della BMW aveva in mostra una coupé concept, la Paceman, che utilizza l’intero frontale della Countryman, il modello più grande del marchio, abbinato a fiancate a cuneo affusolate e al tetto spiovente nella parte posteriore. Probabilmente entrerà in produzione quest’anno, andando ad aggiungersi a una gamma sempre più ricca.
La Mercedes ha presentato una Classe C leggermente modificata e la nuova SLS AMG E-Cell. La Volkswagen aveva in mostra una Passat completamente nuova e assolutamente cinica, in quanto dimostrava la disattenzione con cui molti executive tedeschi del settore automobilistico trattano i consumatori americani. Privata di alcuni elementi di qualità, con interni in plastica poco nobili ed esterni scialbi ispirati alla Toyota, non è all’altezza della venerata eccellenza tedesca, né dell’immagine di alta qualità delle vetture piccole della casa di Wolfsburg. La Volks-wagen ha riposto grandi speranze in questa vettura più grande e più a buon prezzo, ma vista la propensione Hyundai a fornire maggiore qualità a un minor costo, è difficile immaginare come questo modello con pochi contenuti possa avere una buona penetrazione nel mercato statunitense, anche se è costruito in un nuovo stabilimento americano. Certo non aiuterà la Volkswagen a realizzare in poco tempo gli ambiziosi obiettivi di vendita che ha annunciato.
Per la maggior parte degli osservatori, la star dell’Auto Show era la coupé Porsche 918, esibita solo nei due giorni dedicati alla stampa e poi ritirata. Presentata nell’allestimento da corsa completo di decalcomanie e parafanghi appariscenti, era più raffinata e, una volta eliminate le decorazioni da gara, più bella della 918 versione aperta mostrata in precedenza. Probabilmente sarà disponibile come vettura da strada insieme alla decappottabile.
La GM ha ricevuto numerosi premi per il suo modello di produzione ibrido-elettrico Chevrolet Volt, che al salone è stato prescelto come North American Car of the Year (la Ford Explorer è stata nominata Truck of the Year dalla stessa giuria di giornalisti americani), e ha colto l’occasione per presentare la nuova versione Buick piccola della Chevrolet Cruze e la Chevrolet Aveo ridisegnata, costruita dalla Daewoo e ora denominata Sonic. La sua divisione truck GMC ha presentato un pick-up concept, la Sierra All Terrain HD, enorme, pesante e dall’aspetto brutale. Il nuovo e onnipresente presidente Dan Akerson ha promesso di tagliare 10.000 dollari di costi dalla Volt, annunciando che la GM ha “troppi motori” e che lui, che non sa niente dell’industria automobilistica, “sistemerà” questa faccenda. Akerson ricorda l’ultimo gruppo di executive ignoranti del settore, provenienti da una fabbrica di sapone, che hanno fatto precipitare la GM in una spirale discendente verso il fallimento.
Dopo un paio d’anni in cui sembrava il piazzale di una rivendita di auto usate, quest’anno lo stand Chrysler esibiva un certo numero di modelli di prossima produzione. La Chrysler 300 e la Dodge Charger sono state rivisitate, pur mantenendo i finestrini laterali molto ridotti, e la Sebring è stata soppiantata da una versione rinnovata che ha un nome diverso, la Chrysler 200. Naturalmente c’erano in mostra anche una Fiat Nuova 500 del 1960 e l’attuale modello 500 nell’allestimento destinato al mercato americano, insieme alla nuova Jeep Grand Cherokee. Quest’ultima è stata accolta con favore dagli americani e ha ricevuto recensioni lusinghiere dalla stampa specializzata. Nonostante gli scettici, sembra che la Fiat sia sulla strada giusta per riprendersi dopo gli affanni.
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