Sei listelli d’ambizione. Si disegna così la nuova identità del lusso di Wolfsburg, sulla calandra di una filante quattro porte idealmente collocata più in alto della Passat, a un passo dall’empireo delle ammiraglie pure. «Quest’auto si inscrive in una corrente di trasformazione che sta ridefinendo globalmente le tre volumi», spiega Walter de Silva, capo del design del Gruppo Volkswagen. «Una spiccata tendenza verso una morfologia della coda modificata in senso più fluido, meno canonico, talvolta spinto all’intersezione fra un segmento e l’altro: non a caso qui viene esplorato un ambito molto prossimo alle coupé, pur conservando un’ottima abitabilità e quattro accessi».

L’anelito di dinamismo ridisegna i contorni del prestigio teutonico e consacra la Sport Coupé Concept GTE a promettente manifesto stilistico del brand, destinato a informare la creatività dei progettisti prima ancora che a concretizzarsi in concessionaria (verso metà 2017). Il primo, interessante spunto “programmatico” emerge nell’inedita articolazione visiva del frontale, dominato da un esteso pattern cromato che sintetizza griglia e gruppi ottici in una sola unità espressiva.

«Se in passato la gestione delle fanalerie risultava sempre sottoposta alle disponibilità tecniche dei fornitori, cui il designer doveva adeguarsi, oggi i progressi esponenziali dell’illuminotecnica permettono letteralmente di “disegnare la luce”, come un tratto grafico, un decoro a scomparsa. In questa esecuzione, le modanature superiori della calandra s’incuneano direttamente ai margini dei piccoli proiettori a Led, animandosi come incisivi filamenti luminosi quando occorre» racconta de Silva. La tradizionale costruzione grafica del muso, assemblato attraverso una precisa combinazione di “segni” percettibili (fari, prese d’aria, nervature e profili), si scioglie così in un nuovo equilibrio compositivo, in tono con l’estrema linearità di tutta la carrozzeria. Del resto, nei quaderni di stile di Wolfsburg la ricerca di opulenza non si snoda per nulla attraverso l’ornamento. «Non si vuole tradire l’impostazione formale del marchio, rinunciare alla semplicità come valore, edulcorare l’interazione fra elementi geometrici “puri” come rette e circonferenze, per esempio laddove i passaruota dialogano con la linea di cintura» conferma Klaus Bischoff, responsabile design del brand Volkswagen. «E per potersi attenere a tanto rigore, ricavando al contempo un’impressione di freschezza, basta saper gestire bene le proporzioni.

Sulla Sport Coupé Concept GTE il rapporto fra i volumi è estremamente curato, i designer hanno lavorato a lungo con gli ingegneri per avvalersi fino in fondo delle potenzialità della piattaforma modulare MQB, a partire dal passo lungo». Il risultato si concretizza, anzitutto, nella fluida estensione del cofano motore, proteso lungo due nervature che, come linee di fuga, spingono in avanti le masse disegnando un cipiglio forward-oriented, da coupé autentica. Ma l’intera configurazione del volume anteriore si rivela molto studiata, forse perfino più della coda: grazie alle ruote molto avanzate e all’altezza contenuta del cofano (che si solleva automaticamente in caso di urto con un pedone), l’architettura trasversale risulta sapientemente dissimulata e si viene indotti a immaginare tutta la genuina possanza di un propulsore longitudinale.

Colpisce come la cifra emotiva dell’insieme non risulti affatto ompromessa dai pur stringenti vincoli di razionalità: «L’orizzontalità di linee della fiancata, l’incisività calcolata dei solchi e delle nervature, la precisione degli spessori e degli estradossi sono esemplificative di un’impostazione quasi matematica delle forme» continua Bischoff, ma non rendono certo meno accattivante lo slancio della silhouette o il taglio del lunotto (peraltro incorporato in un immenso, sorprendente portellone che regala un’inattesa iniezione di praticità). Anzi, il minimalismo studiato di alcuni tratti sottolinea la buona concezione architettonica del corpo vettura e la pregevolezza dei dettagli: «Di solito, la creazione del lusso è un processo di carattere additivo. Si carica la vettura di elementi formali per comunicarne il valore. In Volkswagen è stato applicato un approccio più globale, più sostanziale: una ridefinizione dei canoni capace di trasmettere spessore e contenuti senza scivolare nel decoro, nel barocchismo, ma al contrario perseguendo l’eccellenza attraverso una certa sobrietà».

Anche l’abitacolo appare improntato a una sofisticata essenzialità segnica e visiva, quasi a non voler affaticare i sensi dell’utente, pur garantendogli un’esperienza percettiva ricca e avvolgente. Gli elementi di rivestimento e le molteplici texture materiche valorizzano porzioni di interno normalmente dimenticate, in una sorta di “effetto cocoon” non privo però di sportività e definizione geometrica: il legno a poro aperto, ad esempio, è impiegato con valenza grafica per enfatizzare la tridimensionalità del volante e del tunnel, come un’ombreggiatura.

A bordo si respira un generale senso di smussamento: «Si è cercato di rendere più fluido possibile il passaggio da una superficie all’altra: perfino i touch screen e i comandi a sfioramento sono contigui alle proprie cornici nero lucido, senza alcun interstizio, per rappresentare fisicamente l’inclusione della tecnologia nel progetto. E la luce d’ambiente crea una cintura informativa che corre intorno ai passeggeri segnalando le aree funzionali (come le maniglie) e favorendo il relax» conclude Bischoff.

 

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