Il futuro dell’auto va a braccetto con quello della tecnologia. L’era digitale è anche questo: automobili che guidano da sole, o che imparano a farlo, macchine – in tutti i sensi – che evolvono di pari passo con device indossabili, smartphone, realtà aumentata ed elettrodomestici intelligenti e, ovviamente, interconnessi. Anche quest’anno, il CES – Consumer Electronic Show – ha offerto una rassegna del mondo digitale che cambia. Un’edizione di fatto non ricca di novità eclatanti, o innovazioni per così dire scintillanti, ma gli spunti non sono mancati.

Sotto i riflettori di Las Vegas, si sono visti stand affollati da una miriade di device, con tanti smart-watch che stanno diventando finalmente maturi e un po’ più utili. Ma è l’internet delle cose il tema dominante tra le proposte dei protagonisti dell’elettronica che, a dire il vero, ci sono sembrati un po’ a corto d’idee rivoluzionarie e hanno preferito puntare sul miglioramento incrementale di tecnologie (Lg e i suoi televisori Oled, ad esempio). E, appunto, sull’Internet delle cose, con Samsung che ha proposto il concetto di IoT applicato alla gestione del quotidiano: dalle tv connesse ai frigoriferi Family Hub collegati in rete, agli smartwatch di nuova generazione che permettono di aprire le porte delle auto.

E così, tra tantissimi droni e overboard che i creduloni ritengono essere il futuro della mobilità, il CES è stato anche il palcoscenico per il produttore di chip Nvidia, che ha svelato la seconda generazione della sua piattaforma (Drive Px 2) per la guida autonoma. In questa edizione 2016 più che in altre, l’automobile è stata infatti protagonista, con la presenza diretta delle Case. In uno scenario evolutivo dove, nei mesi scorsi, sembrava che i costruttori tradizionali fossero destinati a soccombere di fronte all’avanzata (più ventilata che reale) dei giganti della Silicon Valley, le “vecchie” case automobilistiche hanno invece tirato fuori le unghie. Hanno compreso e assimilato i cambiamenti in atto nelle dinamiche dei consumi e nelle tecnologie e abbracciato nuovi paradigmi: dall’elettrico, all’auto condivisa (basti pensare alle mosse di GM in tal senso). Siamo forse agli albori di una rivoluzione, di un nuovo inizio per un settore che molti credevano decotto e che invece sta dando segnali di fortissima vitalità culturale, produttiva e tecnologica. I giganti dell’auto hanno capito e accettato che da costruttori puri si devono trasformare anche in fornitori di servizi di mobilità.

Al CES si è riscontrata la vittoria dei protagonisti dell’automotive sulle stelle della tecnologia made in California soprattutto per l’autonomous driving. Uno studio Thomson Reuters ha svelato che Toyota è al primo posto per numero di brevetti seguita da Bosch (che pilota la Tesla “autonoma”), Denso, Hyundai e General Motors. La prima società della Silicon Valley per numero di brevetti nell’autonomous driving è Alphabet, cioè Google, al 26° posto. E al CES si sono viste vetture che guidano da sole, soluzioni di connettività dove l’auto diventa un cardine dell’internet delle cose e, soprattutto, nuove interazioni tra l’uomo e la macchina.

In quest’ambito, BMW ha svelato a Las Vegas interfacce gestuali innovative che, sotto la denominazione i Vision Future Interaction, mirano a superare gli odierni schemi. Nell’elettronica di consumo è il touch a dominare, ma nell’automotive non ha convinto molto (forse solo gli uomini del marketing), mente i comandi che si impartiscono con il gesto di una mano sembrano interessanti sia sotto il profilo ergonomico (i sistemi auto-apprendono e si adattano al guidatore), sia sotto quello del design. Anche Volkswagen punta sul gesture control e lo ha fatto debuttare su una Golf elettrica, estremizzandolo come interfaccia sul concept Budd-e la cui plancia è del tutto priva di comandi fisici.

L’articolo continua su A&D n. 217

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