«Audace» la definisce sorridendo Alexandre Malval, direttore del design Citroën. Forse perché dopo quattordici anni di successi, e un capitale di simpatia legato in buona parte alla rotondità della coda, occorre coraggio per cambiare direzione. Ma non solo: raramente un prodotto generalista, negli ultimi tempi, è scivolato via dalle convenzioni con tanta decisione. «Volevamo costruire una silhouette nuova e attraente, più raccolta e orientata all’asfalto, senza però scadere nell’aggressività», conferma Cyril Pietton, a capo del design degli esterni, contestando l’imperativo delle linee necessariamente nervose, muscolose, scolpite su superfici ultra movimentate.

Lo strumento formale impiegato dagli stilisti si rivela un’inedita, interessante interpretazione dell’orizzontalità: qui, a differenza che sulle tedesche, l’assenza di linee ascendenti non mira a restituire un effetto razionalista, di uniformità e di precisione, ma genera al contrario originalità, armonia e “serenità”, conferendo presenza alla vettura senza incattivirla (e pur sempre smussando alcuni eccessi di femminilità delle C3 del passato). Le forme d’insieme piene, la consistenza visiva del muso, l’abbondanza di moduli «quadrati con gli angoli stondati», come li definisce Pietton: tutto concorre a disegnare un equilibrio rilassato-ma-grintoso, immediatamente percettibile dagli osservatori, che diventa la cifra principale del progetto.

Il rischio di annoiare? Scongiurato a due livelli. Il primo, più semplice, vede moltiplicarsi i significanti visuali che conferiscono carattere alla carrozzeria: dal montante anteriore opaco alle cornici colorate, dai codolini sui passaruota al tetto a contrasto, fino agli Airbump ridisegnati che, diversamente da quanto accade sulla C4 Cactus, non rappresentano un elemento indentitario ma un plus («Io stesso non so se li sceglierei o no», scherza ancora Pietton). In filigrana, però, emerge un secondo sentore più profondo e raffinato, capace di arricchire lo stile senza sporcarne la leggibilità: i riferimenti pop.

«La scelta dell’orizzontalità», torna a commentare Malval, «rende la vettura molto più vicina ai canoni del design di prodotto che all’automotive. E il look finale è intriso di riferimenti al mondo della plastica, dei colori brillanti e delle forme solide che non possono non richiamare i maestri del design industriale, come i fratelli Castiglioni o Sottsass. Citroën è stata pioniera di questo approccio, fin dal lancio nel 2009 della C3 Picasso di Carlo Bonzanigo, a cui la nuova nata deve ancora molto».

In abitacolo, naturalmente, tutto è votato al cocooning e alla costruzione di un microcosmo personale. «Abbiamo travasato nell’auto l’universo dell’arredamento», racconta Jean Arthur Madelaine, a capo del design degli interni. «Ci siamo perfino recati al Salone del Mobile di Milano a caccia di ispirazioni»: ecco perché i sedili si articolano su più piani geometrici, con lo schienale sagomato e i rivestimenti laterali tridimensionali, proprio come un divano di marca, mentre sulla plancia corre una fascia in tessuto.

La C3, poi, è la prima del segmento con un’interfaccia di comando interamente tattile, perché «che tu viva in un castello o un monolocale, l’iPad che hai in casa è lo stesso», provoca Madelaine. Non a caso, conclude Malval, si tratta di un prodotto «popolare nel senso nobile del termine». E sorride ancora.

Articolo completo su Auto&Design n. 220