«E’ la ciliegina sulla torta del nostro design», sorride un orgoglioso Laurens Van den Acker, responsabile del design Renault. La nuova Scénic sembra avere tutte le carte in regola per rilanciare il segmento delle monovolume compatte. In casa Renault ci credevano: «Si trattava, in sostanza, di reinventare un segmento che eravamo stati noi a inventare», prosegue van den Acker. «E’ un’auto molto sofisticata, facile all’occhio ma non facile da progettare, perché rendere una monospazio interessante e attraente è piuttosto complicato. Ma la mia équipe ha fatto un lavoro stupendo». Osserva Delphine De Andria, responsabile delle strategie di segmento C: «Si è voluto produrre una monovolume che possa essere non solo funzionale – parlo di modularità e praticità – ma anche desiderabile, destinata a riconquistare i clienti che si sono spostati verso le crossover».

La filosofia di design di Van den Acker trova espressione in una graziosa immagine: quella di un fiore con sei petali che rappresentano amore, esplorazione, famiglia, lavoro, divertimento, saggezza. Le monovolume si riconoscono nel segno della funzionalità e della capienza, quindi nel petalo della famiglia. «Ma la nuova Scénic – osserva Agneta Dahlgren, responsabile del design della gamma M1, il segmento C – è sì famiglia, ma anche amore». Per dirla con Van den Acker: «E’ per genitori che sono ancora innamorati e non si limitano a usare l’auto per portare i bambini a scuola». Ma come trasformare questi concetti in un’automobile senza scivolare nella tentazione di un altro crossover (la Renault ha già la Kadjar)?

Il parabrezza è stato spostato più in avanti, l’altezza del corpo vettura è stato leggermente ridotto per ottenere un unico arco teso; salvo poi dare alla vettura un aspetto più robusto non solo con marcate spalle di ispirazione Suv, ma anche con ruote da 20 pollici – progettate da Stefano Bolis che ha curato anche i gruppi ottici – grazie alle quali riconquista un’altezza dominante.

«Doveva essere un’auto veramente innovativa», ricorda Jérémie Sommer, che ha disegnato gli esterni: «Ecco allora le ruote grandi ma strette, che ne fanno un’auto unica ma che hanno come corollario un’architettura tutta nuova. Da quel momento si è trattato di ottimizzare tutto, di migliorare le proporzioni. Fu poi il concept R-Space presentato a Ginevra nel 2011 a focalizzare il nostro cammino. Si trattava, in pratica, di mettere un concept su strada». «E’ stata la R-Space – conferma Van den Acker – a farci trovare la formula giusta. Chi guidava la prima Scénic pensava di essere moderno e progressivo, un sentimento che si è perso con gli anni e che confidiamo di ritrovare».

Non è un crossover, ma gli somiglia. «Intenzionalmente – taglia corto Sommer -. Sapevamo che le grandi ruote avrebbero fatto crescere la vettura. Feeling crossover, se vogliamo. E ci abbiamo giocato. Volevamo esprimere robustezza ma anche sensualità e calore, con spalle solide per darle un tocco di sportività, insomma un’auto che acquisteresti non solo per la famiglia ma anche per te stesso». E poi ci sono gli interni, da sempre un pensiero fisso per Van den Acker. Li ha curati Maxime Pinol, il quale parla di «un trattamento stilistico un po’ sportivo, ma sopra la strumentazione che è rivolta verso il guidatore c’è un elemento a forma d’ala che si prolunga verso il passeggero, una fusione di sportività e compartecipazione». Resta una monovolume compatta familiare, ma con una strizzatina d’occhi ai Suv che serve a «renderla più sensuale e più emozionante».

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