Quando si tengono le prime riunioni di stile per definire le creature del Cavallino, di solito l’attenzione si polarizza intorno ai contenuti legati alle performance: layout tecnico, esigenze aerodinamiche, quote dimensionali. «Stavolta, invece, è stato necessario affrontare anzitutto una questione concettuale di fondo», spiega il direttore del design Ferrari, Flavio Manzoni. «Ovvero, se per l’erede della FF fosse opportuno conservare la carrozzeria shooting brake o meno».

Una considerazione che proietta direttamente nella complessità del modello: distante dalle tradizionali berlinette, ma risolutamente diverso da altre coupé a quattro posti e, soprattutto, lontanissimo dal fin troppo frequentato universo delle crossover, l’outsider di Maranello appare subito un progetto interessante, ma un po’ controverso. «La soluzione a tutte le perplessità è derivata dalla coscienza che una coupé a coda tronca, l’ideale rispetto agli obiettivi di abitabilità richiesti, diventa molto dinamica quando il volume posteriore viene trattato al meglio. Su questa base, io e il mio team eravamo certi di poter realizzare un’autentica Ferrari anche con un corpo vettura tanto fuori dagli schemi».

Il risultato si chiama GTC4Lusso, in omaggio a una concezione forse più opulenta e patinata rispetto ad altre proposte del marchio, ma altrettanto tagliente nelle prestazioni e nella guidabilità. «Una Formula 1 in abito da sera», sorride Manzoni, indicando la carenatura opaca del pianale che fa capolino appena sotto le portiere e ricorda le parti scure di una monoposto.

La raffinatissima gestione delle masse visive, su questa sportiva per quattro che sfugge alle convenzioni, contempla anche i dettagli appena percettibili, eppure d’impatto. Un altro esempio? Lo spoiler sul lunotto, che “chiude” e appiattisce lo specchio di coda anche se il bordo del padiglione rimane più alto, così lo spazio per la testa di chi siede dietro non è compromesso.

Accanto al pur pregevole affinamento dei particolari, però, a scolpire il carattere del progetto sono le scelte strutturali: anzitutto la coda, che adotta una sezione trapezoidale ripresa dalla tradizione della 308, con la doppia fanaleria circolare e un vistoso gradino a segnare le “spalle” lungo la linea di cintura inarcata, ma anche la fiancata scavata, “asciugata”, capace di comunicare la consistenza solida e leggera del marmo lavorato dal pieno.

«Per snellirla è stato adottato un motivo a diapason, che si stringe in corrispondenza della portiera e smuove le superfici, anche grazie alle feritoie a lamelle ispirate alla 330 GTC del 1966, mettendo peraltro in evidenza la ruota anteriore», spiega Manzoni. Il risultato è una superficie in cui la tensione appare viva, plastica, ma scandita da numerose spigolosità che la rendono più attuale.

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