Pop e accattivante, ma non giocosa. Quando Alexandre Malval, direttore del design Citroën, racconta il percorso creativo della proposta ginevrina del Double Chevron, tiene a sottolinearlo: «Trovo non sia corretto definirla “ludica”, perché emergerebbe l’idea di un oggetto pensato in una chiave leggera, fin troppo disimpegnata. Noi, invece, desideravamo ottenere un’auto dall’aria divertente, ma anche molto consistente e rassicurante. Una vettura fresca e adulta insieme». Per sfumare l’effetto sbarazzino si è lavorato molto su dettagli e volumi, anche minimi: la linea di cintura, per esempio, sembra perfettamente orizzontale, ma in corrispondenza del passaruota posteriore s’increspa appena, giungendo a suggerire l’accenno di un muscolo senza tradire l’uniformità delle fiancate.
«La modellazione delle superfici e delle relative bombature è uno degli aspetti a cui abbiamo dedicato più attenzione», conferma Frédéric Duvernier, responsabile delle concept car. «Non è stato semplice realizzare una vettura che risultasse sufficientemente “tonica” conservando i limiti dimensionali del segmento B. Abbiamo dovuto ricavare un maggior impatto muscolare in una larghezza fuori tutto molto vicina a quella della C3».
Il metodo? Giocare sui particolari e sui rapporti fra certi incavi, certe cornici. Lo dimostrano i contorni dei gruppi ottici posteriori o il dialogo fra lamiera e profili plastici lungo gli archi passaruota: in entrambe le aree si creano sottili zone d’ombra che costruiscono un’impressione di volume.
Al di sopra di questa sapiente impalcatura plastica, i montanti C propongono un curioso trattamento vedo/non vedo grazie all’applicazione di un inedito elemento a listelli, che cita con estrema discrezione e un pizzico d’irriverenza il trattamento della storica DS. «Questa soluzione ha una ragione formale molto precisa», spiega ancora Malval. «Volevamo coprire la terza luce laterale per evitare che l’auto sembrasse una piccola wagon, ma la soppressione del vetro in favore dell’acciaio si sarebbe rivelata troppo pesante: così abbiamo optato per un compromesso fuori dagli schemi, una sorta di persiana».
Che non smorza, peraltro, la luminosità dell’abitacolo, dimostrandosi originale e funzionale insieme. In perfetto spirito Citroën. A rendere la C-Aircross solida, ma anche decisamente simpatica, è poi il piacevole senso visivo di “sospensione aerea” generato dai cerchi in lega, che paiono costituiti da un gruppo di segni grafici semplicemente appoggiati gli uni agli altri, e dalle barre sul tetto rialzate, che restituiscono un’eco della distanza del pianale dall’asfalto. Perfino la vernice, applicata con un peculiare procedimento ad acqua, riluce di una particolare profondità e fluidità, leggera e rasserenante.
Nell’abitacolo (per ora solo virtuale), accanto alla plancia minimal e scultorea emergono i portaoggetti, glorificati come protagonisti e capaci di colonizzare i sedili. L’ideale per completare la struttura funzionale e rimandare, in chiave disincantata, ai temi del viaggio e del comfort. Tipici della solidità Citroën di sempre.
L’articolo continua su Auto&Design n. 224