La Range Rover Evoque lanciata nel 2010 costituisce un capitolo fondamentale della storia della Land Rover. «A prescindere dagli ottimi risultati di mercato, quella vettura ha indotto un cambiamento nella nostra cultura», spiega Gerry McGovern, Chief Design Officer del marchio britannico. «In questi anni, la nostra filosofia di design si è focalizzata su quattro pilastri fondamentali: modernità, rilevanza, sostenibilità e, non ultima, desiderabilità. Nel mondo del lusso e del premium, cui appartengono le nostre vetture, i clienti non acquistano prodotti per mera necessità, ma perché li desiderano».

Evoque

Oggetto del desiderio Evoque lo è sin dalla nascita, ovvero da quando è stata svelata come LRX Concept, a fine 2007, per poi approdare su strada praticamente invariata. A renderla unica, un linguaggio formale di grande gusto estetico mediato dal design contemporaneo e una silhouette coraggiosa che porta al limite il rapporto tra una linea di cintura che sale con decisione e il profilo del tetto in rapida discesa – una caratteristica che sulle Range Rover è appena accentata – per generare un look coupé dal vigoroso effetto dinamico. Da allora, quel design iconico ha fatto scuola inducendo innumerevoli tentativi di imitazione, soprattutto a Oriente.

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«Sarebbe stato impensabile non tenere conto di alcuni ingredienti unici, di cui eravamo orgogliosi, ma che dovevano essere sviluppati ad un livello più avanzato», prosegue McGovern. «Il mondo cambia enormemente, dobbiamo quindi mantenere la nostra rilevanza. Le aspettative nell’ambito dei prodotti di lusso sono in continua trasformazione. Ci voleva un’evoluzione sofisticata di quell’auto originale all’esterno, e qualcosa di decisamente diverso all’interno».

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Come in ogni buon progetto, le proporzioni hanno giocato un ruolo chiave, spiega Massimo Frascella, Exterior Design Director: «Per rendere ancora più accentuato quel rapporto tra i volumi abbiamo ampliato il passo, ridotto gli sbalzi e introdotto le ruote da 21”, ragguardevoli su un’auto lunga 4,37 metri». Basata sulla inedita piattaforma Premium Transverse Architecture sviluppata dal gruppo JLR per l’elettrificazione delle gamme Jaguar e Land Rover, la Evoque (con motore mild-hybrid disponibile sin dal lancio e PHEV dal prossimo anno) risulta riconoscibile al primo colpo d’occhio. In realtà, spiegano gli ingegneri, l’unico elemento mantenuto dalla generazione precedente sono le cerniere delle porte.

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Interamente ridisegnata, è il frutto di ciò che Frascella e il suo team definiscono “reductive design”. «Volevamo accrescere modernità e sofisticazione, eliminando però molte delle complessità del disegno originale. La fiancata è scolpita da un’unica linea di carattere, abbiamo adottato le maniglie a scomparsa già collaudate sulla Velar ed eliminato le protezioni sui passaruota, visto l’orientamento più urbano del veicolo. Il frontale è fluido nel disegno e potente nell’aspetto, con le linee che dalla griglia proseguono nei fari Matrix Led, più sottili e allungati verso i fianchi. Abbiamo inoltre ridotto le tolleranze per un’esecuzione eccellente di ogni linea e superficie, grazie a un enorme lavoro con gli ingegneri».

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La silhouette della nuova Evoque rimane inconfondibile in particolare in due aspetti: il cofano avvolgente che interseca l’arco del passaruote e l’altrettanto iconico lunotto, «sottile come una buca delle lettere, in un volume posteriore corto e scattante», aggiunge Frascella. La visibilità posteriore limitata, nota dolente del precedente modello, è stata però risolta grazie alla tecnologia: l’inedito ClearSight Rear View Mirror collegato a un sistema di telecamere trasforma il retrovisore interno in uno schermo ad alta risoluzione.

«Una delle sfide consisteva proprio nell’integrare senza soluzione di continuità la tecnologia più avanzata in un abitacolo di grande eleganza, sempre all’avanguardia in quanto a modernità del design, ma diverso dall’originale», spiega Alan Sheppard, Interior Design Director. «Comunque è sempre riconoscibile il tipico Dna Land Rover, con posizione di seduta elevata e struttura molto architetturale, per il senso di benessere che sa trasmettere».

(Articolo completo in A&D n. 236)