Grandi pneumatici e poca carrozzeria, così appare a prima vista la Parcour, alta e «disegnata dal vento, ma anche dal terreno» come la definisce Fabrizio Giugiaro, direttore dello Stile di Italdesign Giugiaro e responsabile del progetto di questo inedito coupé.
«Non è una Lamborghini, nonostante la presenza di alcuni stilemi riconducibili al brand. Cercando la meccanica giusta per questo progetto, con Walter de Silva abbiamo voluto omaggiare il marchio del toro nel suo cinquantenario, utilizzando uno dei suoi motori».
Parcour è una concept estrema, adatta a tutti i terreni grazie ai quattro assetti (pista, neve, fuoristrada e urbano), ma non è un Suv, anzi, nella silohuette riprende il concetto di coupé. Le sue proporzioni sono così particolari da aver permesso ai designer di immaginar-la anche in versione roadster, nel modello di stile verniciato di bianco che affiancava la vettura al Salone di Ginevra.
«Abbiamo immaginato un utente libero di percorrere ogni tipo di superficie senza preoccupazioni. Così le ruote hanno assunto un ruolo fondamentale», spiega Giugiaro. Nel complesso la vettura è larga e possente, ma i tagli che ne incidono le superfici la snelliscono notevolmente.
Nella parte anteriore, la scomposizione netta tra cofano e parafango scopre una parte del telaio in un gioco riuscito di superfici “vedo non vedo”, mentre il montante anteriore, staccato alla base dalla superficie vetrata, sfrutta il principio aerodinamico applicato ai deflettori dei camion che, posti ai lati dei parabrezza, portano l’aria verso la fiancata. Gli sbalzi corti e le rampe alte definiscono invece l’appartenenza alla tipologia fuoristrada.
Il posteriore, molto scolpito e grintoso, ma sempre aerodinamico, è caratterizzato da due grandi prese d’aria separate dalla “G” rossa del logo Italdesign Giugiaro, in cui è alloggiato l’obiettivo della telecamera, e da un profondo taglio luminoso verticale disegnato dallo stop; i fanali dal design lineare appaiono molto leggeri, quasi sospesi.
L’interno, a due posti, avvolge gli occupanti in un abbraccio di chiari pellami di alta qualità, finiture ricercate e materiali tecnologici. Tutto è a portata di mano e la sensazione del guidatore è quasi quella di indossare un grande casco multifunzione.
«Siamo abituati a vetture in cui il parabrezza è lontano dalla posizione di guida, – prosegue – noi abbiamo provato ad avvicinarlo per migliorare la visibilità». Nel tunnel che sovrasta il volante sono posizionati i display collegati alle telecamere laterali e posteriori, «sappiamo che non è facile abituarsi alla vista attraverso i monitor, è un enorme salto generazionale, ma è anche un percorso di innovazione in cui la nostra azienda crede e che ha iniziato a esplorare già nel 2002 sulla Corvette Moray».
Le linee dell’abitacolo sono semplici e la strumentazione è driver. I sedili sono fissi, con la seduta a livello del brancardo, in parte foderato dal cuscino stesso, mentre le pedaliere e il volante sono mobili e regolabili.
La parte superiore della plancia è scura e rivestita in pelle stampata ad effetto fibra di carbonio; il tessuto di alcune parti del rivestimento interno e della valigeria posta nel vano bagagli anteriore è realizzata dal Lanificio Cerruti.
L’articolo continua su Auto&Design n. 201