Lo spirito di profondo, incisivo rinnovamento che permea l’ultima generazione di una delle più significative icone americane di sempre si può, forse, rintracciare già in un singolo elemento. La calandra: «Ora è più alta e dritta, garantisce una presenza visiva assai più decisa per l’intero muso», spiega Mark Allen, a capo del design globale di Jeep. «Inoltre, cela un dettaglio che a molti potrebbe sfuggire, ma che per noi costituisce un’importante citazione: i due proiettori, maggiorati rispetto al passato, invadono leggermente il perimetro delle due feritoie più esterne, come accadeva sull’originale CJ».
Il riferimento alla notissima fuoristrada degli anni Settanta riassume molte delle linee operative che hanno caratterizzato il progetto. Perfino l’inedito trattamento tridimensionale della superficie a ridosso dei passaruota anteriori, completato da un piccolo sfogo d’aria, trova un’indiretta ispirazione nella progenitrice: «Alla base, infatti, si trattava di conferire più volume al cofano, proprio come in passato», conferma Brian Nielander, direttore del design Performance, Passenger e Utility, che si è occupato della vettura. «Sulla penultima Wrangler le lamiere erano divenute piatte in alcuni punti, mentre la soluzione delle feritoie sagomate, consentita anche dal passo più lungo, ci ha portato a costruire in modo più corposo il profilo della parte superiore del muso».
Poiché le aperture sono reali, inoltre, evitano alcuni inconvenienti, manifestatisi in anni recenti, legati agli eccessi di pressione nel vano motore. «Qui ogni scelta stilistica è sempre vincolata alla funzionalità e alla semplificazione delle modalità d’uso», riprende Allen. «Per esempio, i pannelli che compongono il tetto sono stati elaborati per garantirne lo smontaggio completo nell’arco di pochi secondi, mentre la nuova struttura con gabbia di sicurezza estesa fino ai montanti A ci ha permesso di studiare un parabrezza particolarmente facile da ribaltare in avanti. Poi abbiamo perfezionato tutti i dettagli, il valore aggiunto di questa edizione».
Nell’affinamento degli elementi minori e nella razionalizzazione dei segni visivi, infatti, si attua un’autentica rivoluzione per il marchio Jeep: la transizione definitiva verso l’approccio product, epurato da inutili rozzezze e non scevro di un certo gusto ludico, benché fedele alla tradizione. «Quando si ha a che fare con una simbologia così potente bisogna essere umili – commenta ancora Nielander – per questo non abbiamo alterato i canoni fondamentali. Però, per un altro verso, quest’auto era paragonabile a un giocattolone che meritava di esprimere appieno il proprio carattere: in alcuni momenti abbiamo tenuto un approccio simile a quello necessario a sviluppare una muscle-car, ricercando la possanza e il divertimento insieme».
Fra gli elementi che più di altri esprimono la rinnovata attenzione ai particolari, di massimo spicco appaiono gli indicatori di direzione incorporati nei parafanghi: oltre a sottolinearne il contorno e la larghezza definendo un piacevole effetto grafico, consentono al perimetro della calandra di conservarsi più fedele all’originale di quanto sarebbe accaduto con la tradizionale fanaleria rotonda, perché le leggi attuali ne avrebbero imposto un posizionamento troppo esterno. Perfino la foggia e la posizione degli ugelli lavavetro anteriori sono guidate da un criterio di pulizia formale, mentre dal muso sparisce il logotipo Jeep. «Non se ne avvertiva più il bisogno», sorride Nielander. «E gli altri micro-interventi testimoniano quanto la progettazione si sia rivelata precisa, priva di ogni sfumatura di brutalità».
Del resto, puntualità e affinamento assurgono a punti focali anche nell’abitacolo. Ryan Patrick Joyce, che ne ha curato lo sviluppo, racconta: «Ogni millimetro è stato ridisegnato. Ma se le atmosfere riprendono suggestioni del passato, sia in chiave lussuosa sia in senso più pratico ed essenziale, certe lavorazioni rimandano a sofisticatezze consentite solo dalle tecniche di produzione e assemblaggio più attuali, come nel caso del pomello della leva del cambio». I miglioramenti in ordine a ergonomia, materiali e qualità costruttiva diventano dunque l’irrinunciabile ossatura tecnica di un registro stilistico piacevolmente sospeso fra contemporaneo e nostalgico, tecnologico e spartano. «La nuova Wrangler ha richiesto, nella sua interezza, un approccio peculiare e attento ai feedback dei clienti», conclude Mark Allen. «Era importante aprirsi alle nuove fasce d’utenza del segmento Suv senza deludere i “duri e puri”». E invitandoli ancora una volta, aggiungeremmo noi, a giocare.
(Altri contenuti nel Supplemento Jeep Design ad A&D no. 232)