Impervie, pericolose, tecniche. Ma pure avvincenti, piacevoli, appaganti. Le strade della più alta catena montuosa d’Europa si sviluppano così nell’immaginario dei piloti, e si dispiegano in preziose ispirazioni nella mente di chi ha disegnato questo prototipo. «Volevamo mostrare ciò che sappiamo fare», racconta Antony Villain, a capo dello stile di Alpine. «Il team di lavoro è cresciuto da dieci a trenta membri nell’ultimo anno, permettendo di confezionare una show car capace di spingere il pubblico a sognare, come nei Saloni di una volta. Basti pensare che è lunga e larga quanto le auto della 24 Ore di Le Mans, quindi rappresenta a tutti gli effetti un richiamo alla nostra eccellenza agonistica», spiega sullo stand dell’ultimo Mondial de l’Automobile a Parigi.
Sportività a idrogeno
Su questa Alpine monoposto il pilota siede fra due grossi serbatoi longitudinali di idrogeno, destinato alla combustione in un motore termico che emette solo vapore acqueo. E proprio a partire dal gas, con la pulitissima reazione chimica cui è legato, si delinea un primo interessante riferimento a quel microclima alpino che pare aleggiare su ogni centimetro della carrozzeria: «Bisognava riuscire a mostrare l’invisibile. Abbiamo notato che le particelle di acqua richiamano la bruma dei mattini invernali, quando un sottile strato di gelo si deposita sull’asfalto, così abbiamo sfruttato il riferimento», pervenendo a una “trasparenza opaca”, un “vedere attraverso” incompleto, che permea il progetto e viene perfettamente rappresentato dal cockpit semi-trasparente.
Come una stella cometa
Non solo: poiché gli scarichi risultano vicini ai gruppi ottici posteriori, questi ultimi s’illuminano di una luce bluastra «che sembra la coda di una cometa», mentre all’anteriore si adotta un tono tendente al rosso «come l’incandescenza della stella», giustificando così il nome “Alpenglow” che si riferisce appunto alla luminosità rossastra delle albe montane.
Il principio del sole che sorge, del resto, sottende l’idea di una nuova gamma elettrica (composta da una piccola sportiva, una crossover di segmento C e dalla futura A110) in completamento entro il 2026.
Moderna e aggressiva
Sulle future iterazioni produttive «resterà quanto più possibile di questo prototipo», continua Villain: «In particolare l’alternanza fra porzioni organiche, fluide, simili a metallo liquido, e nervature assai più nette, che creano emozione e rendono l’insieme moderno e aggressivo».
Forme plastiche
Tale estrema plasticità delle forme, ricca di variazioni «dal negativo al positivo», spinge peraltro a visualizzare idealmente un atleta di Slittino nell’atto di scivolare raccolto e veloce sulla pista, evocando forse il contenuto più significativo dell’auto: l’aspirazione alla totale fusione con la natura delle Alpi, in grado di sintetizzare ecologia (la propulsione a idrogeno) e storia (i difficili tracciati dei rally anni Settanta). «Perfino i fiocchi sulle ruote, che rappresentano un ulteriore stato di aggregazione dell’acqua, partecipano al messaggio».
Interni visionari
La trasparenza riappare poi nel grosso spoiler deportante posteriore, lucido come una lama di ghiaccio, e in alcuni gustosi dettagli dell’abitacolo (per ora sviluppato solo nelle viste virtuali). Nel cockpit assimilabile a «una messa in scena del pilota», infatti, si staglia un volante agonistico completato da due palette per i cambi marcia traslucide, che aggiungono al complesso un ulteriore tassello di eterea identità e richiamano ancora l’incontro fisico con gli elementi. Come in un continuo dialogo con lo spirito di una delle più importanti epopee automobilistiche di Francia.
(Articolo completo in A&D n. 258)