Efficienza, consumi, sostenibilità. Oggi le parole d’ordine nel mondo dell’auto sono chiare e ricorrenti, ma c’è ancora voglia di sognare? Se tra le decine di proposte presentate dai costruttori la maggior parte afferiscono al mondo dei Suv, sono in tanti gli appassionati che hanno nostalgia di auto che lasciano a bocca aperta. La concept Vision One-Eleven di Mercedes è una risposta a questo desiderio. La ricetta ha pochi ed efficaci ingredienti: un colore acceso e sgargiante, elementi ad effetto come le portiere ad ala di gabbiano e, immancabile per oggi, una tecnologia di propulsione completamente elettrica. «Sotto queste forme mozzafiato da hypercar si nasconde un laboratorio a quattro ruote», racconta Gorden Wagener, Mercedes-Benz Group Chief Design Officer.

Mercedes-Benz Vision One-Eleven

L’antenata è la C 111
I riferimenti estetici sono orientati alla C 111, la prima di una serie di vetture sperimentali prodotte tra il 1969 e il 1979 per testare forme pure – il design è opera di Bruno Sacco e Josef Gallitzendörfer – e motori di nuova concezione. Un’idea che torna 54 anni dopo, vestita da forme che oggi seguono la filosofia stilistica chiamata da Mercedes-Benz “Sensual Purity” e che risponde a forme pulite e sexy. «Il nostro obiettivo non è fare styling, ma creare icone – spiega Gorden Wagener -. Questo fa la differenza tra design tradizionale e lusso. Icone del design come la 300 SL e la C 111 ora sono parte del nostro Dna e sono state la principale ispirazione per lo stile della Vision One-Eleven.

Mercedes-Benz Vision One-Eleven

Bassissima
L’elemento di sorpresa deriva dalle sue proporzioni eccezionalmente pulite, pure e, allo stesso tempo, muscolose». Tra gli elementi che la definisco c’è la One Bow Line, un’unica linea ad arco che parte dall’anteriore, disegna il tetto e cade dolcemente sul posteriore. «Ormai è una nostra firma stilistica: si tratta di una manifestazione visibile dell’aerodinamica. Avete visto quanto è bassa l’auto? Non c’è mai stata un’elettrica così raso terra (1.170 millimetri, ndr)». Stile e tecnica si sono fusi per creare una hypercar che sperimenta nuove tecnologie: i motori a flusso assiale sono molto più leggeri, compatti e potenti di quelli a flusso radiale utilizzati nella quasi totalità delle auto elettriche di oggi e il loro utilizzo ha consentito un’altezza da terra da vera sportiva.

Mercedes-Benz Vision One-Eleven

Il grande pannello a Pixel
I designer hanno reinterpretato molti elementi della C 111 in chiave futuristica. Se il frontale dell’antenata era caratterizzato da un elemento chiuso in plastica con struttura a nido d’ape, sulla Vision One-Eleven il pannello è un display esterno con grandi Pixel e luci tonde. Una soluzione che si ritrova al posteriore, dove i progettisti hanno installato sopra il diffusore uno schermo che trasmette la fanaleria.

Mercedes-Benz Vision One-Eleven

Interni sostenibili
Come gli esterni anche l’abitacolo è un mix tra richiami al passato e soluzioni futuristiche, espresse anche attraverso i colori: «Dopo una lunga ricerca abbiamo deciso di utilizzare il bianco, da sempre la cromia del futuro», spiega Wagener. I rivestimenti sono in poliestere riciclato, braccioli, soglie, consolle centrale e ripiano posteriore per i bagagli (non manca un set dedicato di valigie) sono rivestiti in arancione brillante. La pelle è stata conciata utilizzando bucce di chicchi di caffè, mentre l’alluminio lucidato nelle razze del volante e le cinghie intarsiate sui braccioli sottolineano uno stile hi-tech.

Mercedes-Benz Vision One-Eleven

Ponte tra passato e futuro
I sedili sono particolarmente scenografici: i cuscini sono stati installati direttamente sul pianale come accade per le Formula 1 ma, a differenza di queste, l’inclinazione dello schienale è regolabile. Lo schema a Pixel degli esterni è stato scelto anche per il grande display dell’infotainment che si estende per tutta la larghezza della plancia. Un minimalismo che richiama le soluzioni adottate per la C 111 in un gioco di forme e colori che crea un ponte tra passato e futuro perché, conclude Wagener, «non si costruisce un domani solido se non si è consapevoli delle proprie radici».

(Articolo completo in A&D n. 264)