Meno di un anno per passare dal foglio bianco alla certezza della produzione: uno sprint da record per la Alfieri, il cui nome omaggia uno dei fratelli fondatori. E’ il manifesto della nuova Maserati, un concentrato di evoluzione del Dna che ha scandito la leggenda del Tridente. Ammiratissima al Salone di Ginevra, debutterà su strada probabilmente già entro il 2016. Promossa a furor di popolo.

«Volevamo solennizzare il centenario anche con un concept di forte impatto visivo – spiega Lorenzo Ramaciotti, responsabile di Fiat Chrysler Global Design – e avevamo ipotizzato modelli futuribili, autentiche dream car. Marchionne ci chiese invece di cambiare direzione, di pensare con uno sforzo di ricerca a qualcosa che inquadrasse concretamente il futuro del brand. Così abbiamo scelto una configurazione di vettura più tradizionale per Maserati, quella della coupé sportiva compatta 2 posti più 2. Il risultato è così positivo che diventerà realtà, un oggetto che i clienti potranno comprare». Non è la prima volta che una “one-off” del Centro Stile torinese si trasforma in vettura di serie: basterebbe ricordare la Trepiùno che ha generato la 500, oppure le Alfa Romeo 8C e 4C. Questa splendida sportiva vanta una genesi ancor più rapida. Il 23 ottobre 2013 Ramaciotti mostrò al Group Executive Council – l’organismo decisionale di FCA riunito in Brasile – i figurini della Maserati per il centenario e i consensi furono unanimi. Quattro mesi dopo il prototipo era pronto per l’esordio ginevrino, realizzato sul pianale accorciato della GranTurismo: 4,6 metri di lunghezza, 1,3 di altezza, un passo generoso di 2,67 m. La prossima sfida adesso è metterla su strada limitando le modifiche rispetto al concept: pochissime negli esterni e poche nell’abitacolo, giusto qualche elemento funzionale.

Ricca di citazioni storiche ma non schiava del retrò, Alfieri si ispira soprattutto alla Maserati A6GCS del 1954 caratterizzata da proporzioni perfette con un cofano molto lungo, un abitacolo arretrato con i parafanghi aggiunti al corpo centrale su cui s’appoggia, una calandra bassa incastrata fra i parafanghi. Elementi in parte ripresi da Alfieri, sebbene in chiave evolutiva.

Marco Tencone, responsabile Design Maserati, ha seguito con il suo vice Alberto Dilillo ogni fase del processo stilistico. «L’obiettivo – racconta – era sposare concetti moderni senza farsi influenzare dalle mode, dai trend generalisti. Volevamo sottolineare l’italianità che caratterizza la vettura, con linee morbide e segni importanti, ma sempre puliti». Il Dna classico Maserati è costantemente presente, inclusi i tre scarichi d’aerazione laterali, ma sempre in proiezione futuristica. L’impronta più sorprendente si nota nel posteriore, dalla personalità originale.

A differenza dell’Alfa Romeo 4C, che è più estrema e punta in assoluto sulla leggerezza, Alfieri non richiede una struttura ipertecnologica, sebbene il carbonio sia presente in alcuni elementi di dettaglio.

Il segreto è giocare con intelligenti e sofisticati accostamenti di materiali, forme, colori. Una cura maniacale è dedicata all’abitacolo, caratterizzato dai due sedili posteriori ribaltabili che, all’occorrenza, possono ampliare il vano bagagli proteggendo gli occupanti dei sedili anteriori, oppure proseguire idealmente il lunotto sostituendo la cappelliera e creando una “bolla unica” con effetto shooting-brake (come nei coupé anni Cinquanta).

Forti richiami al passato, ma sempre reinterpretati, si materializzano nel volante, dall’impostazione tridimensionale per ricordare quelli in bachelite, nell’impugnatura del cambio, che ripropone la forma storica a tronco di cono, perfino nell’orologio sistemato in basso, sul tunnel come nella 150 GT.

Il blu della tradizione Maserati compare in modo discreto a sottolineare elementi particolari: dai raggi dei cerchi agli estrattori laterali, alla scritta Alfieri, ai codolini di scarico. Dentro, il bianco Luna e il blu delle pelli pregiate si alternano all’insegna dell’artigianalità. Il rame anodizzato enfatizza la strumentazione e il volante e il carbonio viene utilizzato come reinterpretazione in chiave moderna di materiale prestazionale.

L’articolo continua su Auto & Design n. 208