Rifuggire le tipologie tradizionali e i relativi limiti d’impiego, immaginando una mobilità alternativa non tanto nella propulsione, naturalmente elettrica, quanto negli orizzonti della ricerca del piacere di guida. «Questa è un’auto edonistica», esordisce sorridendo Fabrizio Giugiaro, figlio del celebre Giorgetto e con lui al timone di GFG Style: «Una hypersuv a due posti, decisamente prestazionale, dalle linee “tirate” come quelle di una coupé e dotata di un abitacolo che potrebbe rievocare atmosfere degne di una Miura. Insomma, un prodotto così godibile che ho pensato fosse un peccato limitarlo alla strada!», continua con entusiasmo. «L’idea era emersa già nel 2013 con la Parcour, sviluppata sotto il marchio Italdesign. Per la Kangaroo però la propulsione è elettrica, una scelta che ci ha consentito di fruire al meglio della partnership già in atto con la Casa cinese CH Auto, che fornisce la base tecnica».

Kangaroo

Sotto la struttura in alluminio con pannelli in fibra di carbonio, si cela infatti la meccanica della Qiantu K50, potente roadster a zero emissioni che il gruppo asiatico ha presentato all’inizio di quest’anno. Tale impostazione ha semplificato alcune fasi dell’ingegnerizzazione, senza tuttavia influire sul nodo stilistico di più complicato scioglimento: «A quale altezza da terra un’auto così risulta “bella”? Sembra una domanda banale, ma poiché l’escursione delle sospensioni misura 120 millimetri, gli equilibri visivi possono cambiare molto a seconda delle modalità d’uso. Noi abbiamo ottimizzato l’effetto con la posizione intermedia, non ignorando però le altre regolazioni dell’assetto e curando attentamente anche il dimensionamento dei passaruota. L’obiettivo consisteva nel rendere la Kangaroo visivamente soddisfacente in qualunque condizione, come lo è dinamicamente».

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Le proporzioni dell’intera carrozzeria, del resto, sono profondamente condizionate dal complesso ruota, che raggiunge un ingombro in altezza di ben 900 mm: misura necessaria per associare i cerchi da 22″, studiati in collaborazione con Mak miscelando estetica e resistenza, a pneumatici a spalla alta in grado di affrontare efficacemente ogni tipo di terreno.

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«Su quest’auto tutto è legato alla prestazione, non sono previsti capricci stilistici», argomenta Giugiaro. «Ad esempio, la decisione di adottare un cofano piuttosto lungo, che potrebbe apparire dettata dalla volontà di richiamare le sportive del passato, nasce in verità dalla constatazione che avanzare il parabrezza avrebbe comportato un aggravio di peso e complessità. Si è preferito asciugare gli eccessi e attenersi a forme affilate ma essenziali, ben calibrate, anche al fine di ridurre i costi nel caso, per ora ancora remoto, di un’eventuale produzione in serie».

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All’interno, tale concezione si traduce in un ambiente raccolto e di sapore quasi agonistico. «Quando si tratta di elettrico, qualcuno punta sul minimalismo assoluto, ma qui abbiamo perseguito un’altra strada. Sui percorsi più accidentati è importante tenere sempre d’occhio quanto accade intorno alla vettura, quindi alla base del parabrezza vi è un grande visore che riassume le immagini inviate da diverse telecamere, affiancato dal grande touch screen sulla consolle centrale e, naturalmente, dalla strumentazione digitale riconfigurabile».

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Perfino in abitacolo, dunque, i dettagli si orientano verso quella cifra di versatilità che, come conferma Fabrizio, «È sempre stata presente nella ricerca firmata Giugiaro». Qualcuno ricorda due straordinarie sperimentazioni tipologiche chiamate Machimoto e Asgard?

(Articolo completo in A&D n. 236)