

Diverse sono difatti le condizioni ambientali. In pochi anni la marca Lexus s’è ritagliata nel mondo dell’automobile un meritato spazio, acquisendo notorietà, stima e simpatia, cioè quei valori di credibilità e prestigio, che alla nascita, pur avendo nobili origini, non poteva pretendere di avere.
Per i due precedenti modelli, caratterialmente mirati, la Lexus aveva eletto a terreno di confronto il mercato americano, e non a caso il design di entrambe le vetture era stato concepito e sviluppato nel centro californiano del Calty Design a Newport Beach sotto la direzione del suo designer di più vasta cultura internazionale, Kazuo Morohoshi (ora rientratovi dopo aver retto il Design Centrale della Toyota).
Per l’inedita IS 200 è stato prescelto, in primis, quello europeo, nel quale la vettura di identifica per aspetto formale, scrittura stilistica, architettura a trazione posteriore e prestazioni sportive. Tipologicamente essa è infatti la prima vettura a trazione posteriore ad essere prodotta dalla Lexus.
Il capo del progetto Nobuaki Katayama, descrivendola ai giornalisti europei durante un incontro a Londra, l’ha definita “berlina individuale e atletica” per sottolinearne i caratteri ed ha soggiunto senza falsi pudori che la vettura è destinata “ad essere la nostra best-seller e bandiera della nostra identità sulle strade d’Europa”.
Pochi giorni dopo essa debuttava al Salone di Birmingham dove riscuoteva i primi consensi di un pubblico europeo.
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