Mégane. Ovvero, le molte facce di una stessa medaglia. Il salone svizzero è stato occasione per Renault di un doppio debutto all’interno della nuova gamma di segmento C. Il primo, nella sempre più frequentata fascia delle convertibili di grande serie, era davvero molto atteso, dal momento che a partire dalle forme non convenzionali della berlina non era facile immaginare la versione Coupé Cabriolet.
Il progetto ha preso avvio dalla necessità di trovare una soluzione ai problemi di alloggiamento del tetto nel retro, come spiega il numero due del design Renault, Anthony Grade, sullo stand alla kermesse ginevrina: «Nella berlina avevamo ricercato un grande equilibrio nelle proporzioni, che rendesse l’aspetto generale della vettura molto ben assestato, e avevamo al tempo stesso lavorato su una forte identità delle linee del modello. I presupposti per lo sviluppo della coupé cabriolet sono stati gli stessi, ma la soluzione dell’alloggiamento del tetto ci ha portato a osservare la carrozzeria da un punto di vista nettamente diverso».
Un lavoro di traduzione dei temi Mégane in senso “familiare”, è stato invece fatto per sostituire, a sette anni dell’ingresso sui mercati, la best seller Scénic, monovolume compatta di casa Renault. A illustrare il progetto è ancora Anthony Grade, che racconta come quella di Scénic sia stata una “storia” interessante fin dall’inizio. «Ci siamo posti una domanda molto semplice nell’affrontare il progetto, che consisteva nel capire se fosse opportuno far evolvere la vettura senza cambiare i presupposti su cui si basava, o se invece fosse giusto cambiare radicalmente».
La risposta, come accade per buona parte della gamma Renault in questo periodo, è stata coraggiosa. Di cambiamento e di coerenza con le affermazioni forti fatte con Mégane II.
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