Nel marzo 1930 Woolf “Babe” Barnato – uno di quei gentleman driver che passarono alla storia come i “Bentley Boys”, già due volte vincitore della 24 Ore di Le Mans nonché figlio del presidente della società – vinse una scommessa di cento sterline gareggiando da Cannes con il celebre Train Bleu e arrivando davanti al suo club londinese quattro minuti prima che il treno raggiungesse il porto di Calais. La sua auto era la Speed Six, con un motore di 6,5 litri, che con quell’impresa entrò nella leggenda dell’automobilismo eroico e nel mito di casa Bentley. Quel nome, così emblematico del binomio velocità-lusso che è sempre stato caratteristica della casa di Crewe, ora rinasce per segnare una svolta nel design e forse anche nella futura produzione. Il concept coupé EXP 10 Speed 6 presentato a Ginevra – il numero 6 è ben visibile sulla calandra – rappresenta, nelle intenzioni del responsabile del design Bentley, Luc Donckerwolke, una nuova visione di auto sportiva, destinata a ridefinire l’intera categoria.
«Avevamo due obiettivi importanti», dice Donckerwolke: «Primo, esplorare la possibilità di avere, accanto a Continental GT, a Flying Spur, a Mulsanne e, a fine anno, al Suv Bentayga, anche una quinta tipologia di auto, da collocare non sotto ma accanto alla Continental GT. Non una baby Bentley, ma una due posti orientata verso le prestazioni, la più estrema delle sportive. Il feedback di Ginevra ci dirà se c’è un futuro per un’auto così. Il secondo obiettivo era mostrare che intendiamo progredire con il Dna Bentley, verificando se possiamo fare a meno di alcuni degli elementi fondamentali della tipologia Bentley. Così abbiamo eliminato le cornici della calandra a nido d’ape e quelle dei fari, così come la “passerella” che pone in rilievo il cofano motore e lo separa dai parafanghi, ritenendo in questo modo di essere più puliti e più estremi. E’ un’evoluzione del nostro Dna stilistico, il passo in avanti che vogliamo fare».
Non è il momento di parlare di powertrain: 6 cilindri, 8, forse anche 12, tutto è possibile. La piattaforma modulare MSB, la stessa che Porsche userà l’anno prossimo per la nuova Panamera e che Bentley adotterà per la nuova Continental (probabilmente nel 2017), consentirà anche l’uso dell’ibrido, tant’è che nella Speed 6 ci sono già taluni particolari di rame – sui freni, negli interni – che caratterizzano le ibride di Crewe. E’ il momento, piuttosto, di sperimentare con un nuovo tipo di design, anche ispirato al mondo dell’aeronautica. «Non una rottura – spiega Donckerwolke, che ha un passato in Peugeot, Audi, Škoda, Lamborghini (Murciélago e Gallardo), Seat e Volkswagen – ma la ricerca di un’auto più pura ed essenziale, più sportiva, più atletica. Non solo un discorso di stile, ma soprattutto di masse, di volumi, quindi di proporzioni, con una dinamica da sportiva inglese e cioè con un piccolo sbalzo anteriore e uno più grande dietro, il cofano lungo e molto teso, l’abitacolo compatto appoggiato sulle ruote posteriori. Il lavoro stilistico è venuto dopo, con la power line che parte dal parafango anteriore e si spegne poco prima del poderoso fianco sulle ruote posteriori: uno stilema Bentley che non abbandoniamo. In futuro, invece, vorrei fare a meno di stilemi come il ferro di cavallo che caratterizza il posteriore: non voglio più elementi di design sovrapposti ma un tutto integrato, per evitare un aspetto rétro che blocca altre soluzioni».
Così, con quel cofano piatto e la calandra più bassa e più larga, i classici fari rotondi che s’innestano però in una superficie molto più complessa, il cofano integrato e senza passerella, le superfici del frontale a freccia e molto accelerate verso il posteriore, si ottiene una forma che Donckerwolke definisce più dinamica, come attesta anche lo spoiler posteriore con funzione di collegamento fra le due fiancate.
Per gli interni si è optato per un ritorno alle origini, con la plancia caratterizzata dalle due ali Bentley che raggiungono le portiere e avvolgono i passeggeri, in un attento gioco tridimensionale di pelle, legno, acciaio e cristallo che funge un po’ da trait d’union fra esterni e interni, in un connubio fra design, maestria artigianale e tecnologia evoluta.
L’articolo continua su Auto & Design n. 212