Il frontale deciso, corposo, dai gruppi ottici vagamente squadrati, racconta subito di una presenza stradale senza compromessi. In Mazda preferiscono “nobile robustezza” e tradiscono presto un’ambizione più marcata del solito: «La nuova architettura alla base della CX-60 con il motore longitudinale e la trazione al posteriore, oltre che integrale, ha permesso di ottenere proporzioni classiche, perfette, con il cofano lungo e gli sbalzi corti», si rallegra Jo Stenuit, a capo del design per l’Europa, mentre su uno schermo occhieggiano le immagini della concept Vision Coupé del 2017, manifesto ancora attualissimo di un’impostazione che finalmente si realizza.
Gioco di riflessi
«Una volta di più, teniamo a ribadire il legame con il Giappone e la tradizione di artigianalità che lo caratterizza: si è trattato di un riferimento fondamentale per la definizione di alcune porzioni, a partire delle fiancate» che anche all’osservatore meno avvertito richiamano l’effetto visivo già esibito su Mazda3 e CX-30, con il raggiungimento di un peculiare gioco di riflessi attraverso il continuo confronto, in fase di studio, fra scultura manuale e modelli matematici.
Un colore inedito
Per confezionare al meglio la nuova linea, sulla CX-60 debutta anche un inedito colore che esalta la luce, il Rhodium White: dopo Soul Red Crystal e Machine Gray, si tratta della terza vernice processata tramite la tecnologia Takuminuri, specifica della Casa e capace di garantire particolare profondità. Fra le righe si avverte l’orgoglio nell’aver portato a compimento, perfino in ambito cromatico, un percorso di esaltazione della qualità.
Finiture premium
La concretizzazione di tali intenti emerge ancor più nell’interno, che rivela uno sguardo progettuale decisamente rivolto ai segmenti premium. «Abbiamo puntato molto sulle finiture, giocando in profondità con l’influsso del Sol Levante. Sulla selleria in nappa chiara della versione al top di gamma Takumi, per esempio, si staglia un nastro scuro ispirato al tessuto screziato di certi kimono, mentre alcune aree della plancia si caratterizzano per le cuciture Kakenui che lasciano volutamente intravvedere una parte del materiale sottostante».
Due innovazioni
Si viene dunque accolti da un abitacolo moderno, però tutt’altro che asettico e assai meno imperniato sulla preminenza del digitale rispetto a certa concorrenza. Senza tuttavia rinunciare a due importanti innovazioni: «La prima consiste in un dispositivo di regolazione dei sedili che suggerisce al guidatore la posizione corretta in base alla sua altezza e al rilevamento della posizione degli occhi, per poi ripristinarla automaticamente, qualora si prestasse la vettura ad altri, tramite un software di riconoscimento facciale. La seconda è rappresentata da una telecamera di retromarcia in grado di ricostruire l’area intorno all’auto, sul display, come se la carrozzeria fosse trasparente, con un risultato molto intuitivo».
Tradizionale robustezza
A tali soluzioni invisibili, ma profondamente radicate nell’attenzione nipponica alla praticità d’impiego, si accosta infine un piacevole elemento di tradizionale robustezza: il grosso tunnel fra le sedute anteriori che, pur sottraendo spazio, evoca il sapore del piacere di guida alla sola apertura della portiera. «Del resto, la CX-60 è tecnicamente concepita per costituire la prossima materializzazione dello spirito Jinba Hittai, la fusione fra uomo e macchina così ben rappresentata dalla MX-5», conclude Jo Stenuit. Fra manualità e dinamica, un’inedita concezione del prestigio.
(Articolo completo in A&D n. 254)