E’ la Range Rover più aerodinamica di sempre, con un Cx di 0,32. Quasi un miracolo. Perché, come dice Gerry McGovern, «i mattoni non sono molto aerodinamici». Forse la spiegazione sta nel fatto che la nuova Velar, tenuta a battesimo a Ginevra, più che un mattone, e cioè un classico Suv, strizza l’occhio anche ai crossover e addirittura alle wagon. Infatti McGovern, responsabile del design Land Rover, osserva che questo quarto modello della gamma Range Rover, commercialmente inserito nello “spazio bianco” fra Evoque e Sport, «ha una personalità unica, non è né una versione ridotta della Sport né una Evoque ampliata». Poi ammette: «Sì, appare più allungata delle altre, ed è questo che le dà un senso di eleganza e la rende unica». Sarà forse per il passo, che a 2,87 metri è di poco inferiore a quello della Sport, mentre l’altezza è di pochi millimetri superiore a quella della Evoque. Aggiunge Massimo Frascella, che ne ha curato gli esterni: «E’ difficile collocarla in una categoria precisa. Uno ci può vedere elementi di wagon, di Suv, di crossover. Di fatto è l’auto più stradale che abbiamo mai fatto, anche se le credenziali offroad non mancano, fanno parte del nostro Dna».
La chiave di lettura della Velar, spiega McGovern, «sta nei volumi e nelle proporzioni, una costante nella filosofia di design di Range Rover». E aggiunge: «Basta guardarla di lato: le ruote delle giuste dimensioni (fra 18 e 22 pollici; nda), lo sbalzo anteriore molto ridotto, la pulizia delle fiancate ottenuta con superfici tese, la silhouette accattivante, il cofano a conchiglia, la posizione dell’abitacolo in rapporto al resto della vettura, il tetto flottante, tutto dà un senso minimalista che trova poi riscontro anche negli spaziosi interni». McGovern sostiene che i confini fra Suv, Suv-coupé, crossover e wagon diventano sempre più labili e risentono anche di taluni fenomeni di moda. E ammette che «sì, la Velar è più automobile, anche se molti si aspettavano che fosse una versione coupé della Sport, ma non rinuncia alle caratteristiche della fuoristrada di razza».
E poi c’è la coda, più tipica di una barchetta che di un Suv. «C’è una chiusura sia in pianta sia in elevazione», osserva Frascella: «Il tetto scende e la parte inferiore del posteriore sale, quindi tutto si raccorda quasi a un punto di fuga. Anche dai passaruote c’è una specie di tapering. E tutto questo dà un forte senso di eleganza e al tempo stesso di un’auto ben piantata per terra. Se la si guarda di tre quarti posteriore si riesce quasi a vedere il bordo della ruota che sta dall’altra parte, proprio perché in pianta la vettura è così chiusa».
Avviato tre anni e mezzo fa, il progetto ha avuto una gestazione «molto naturale e consequenziale», come afferma Frascella. Tant’è che, partendo da una serie di bozzetti fra i quali ne primeggiava uno di James Watkins, sono stati necessari soltanto un paio di modellini in scala prima di passare all’1:1 di clay e alle fasi finali della messa a punto. Parallelamente agli esterni è stato sviluppato il tema degli interni sotto la guida di Mark Butler, mentre Amy Frascella si è occupata di colori e materiali. «Gli interni – spiega McGovern – devono essere intuitivi, con un elemento di relax, quasi un’estensione della propria abitazione».
Quale sia per lui il concetto di abitazione è presto detto. Dichiara infatti di essere «un amante del modernismo»: «Non sono collezionista di automobili ma di mobili, modernariato, cristalli italiani, specchi. Penso a Gio Ponti e a Fontana. Per me gli interni di un’auto sono importanti quanto gli esterni e il modernismo si sposa bene alla tecnologia, in un processo ottico che facilita la creatività. Chi si siede in un’auto non vuole essere intellettualmente coinvolto, vuole una posizione di guida giusta, vuole sentire un’auto da guidare ma che sia al tempo stesso intuitiva».
Nello sviluppo della Velar gli interni sono stati, con gli esterni, frutto di una stessa idea che fa ora parlare i designer Land Rover di “un santuario di calma”: stesso linguaggio minimalista, di riduzione o eliminazione degli elementi che non avevano motivo di esserci, senza con questo ridurre la funzionalità. Il cruscotto a sviluppo orizzontale, il doppio schermo, la scomparsa di molte manopole, la scelta dei materiali più nobili sono l’aspetto più immediato di un insieme che sa di elegante semplicità e sofisticata raffinatezza.
L’articolo continua su Auto&Design n. 226