Come evolve la progettazione nell’era del digitale spinto? In che modo i nuovi e sempre più complessi strumenti tecnologici interagiscono con le istanze creative? Si tratta di formidabili stimoli all’immaginazione o mere scorciatoie verso prodotti omologati? Abbiamo ascoltato, al riguardo, una delle voci oggi più autorevoli nel disegno automobilistico: Tom Matano, storico padre della prima Mazda MX-5 (fra le altre) e dal 2002 direttore esecutivo della School of Industrial Design presso l’Academy of Art University di San Francisco.
«Certamente le possibilità inedite meritano un atteggiamento di apertura» esordisce il designer, mirando subito al nocciolo dell’argomento. «Per esempio, si potrebbero studiare abitacoli dalle interfacce più semplici: un comando vocale o gestuale per regolare la temperatura, una luce colorata dietro le bocchette a significare intuitivamente caldo o freddo, un software avanzato per evitare errori. Se a queste idee, in parte già esistenti ma da sviluppare, si aggiungesse un “machine learning” di ultima generazione che anticipi le preferenze dei passeggeri, la vita a bordo e la forma delle plance cambierebbero drasticamente».
Si resta naturalmente solo nell’ambito della suggestione, ma lo spunto permette di introdurre una chiave orientativa fondamentale: «Bisogna ripartire dall’umano. Dalle esigenze reali dell’utente, soprattutto dal porgergli la soluzione secondo una modalità “calda” e per certi versi “empatica”. Ricordo che, quando tracciai le linee di una delle Mazda su cui ho lavorato, la RX-7 FD, pensavo espressamente a una carrozzeria atletica ma non muscolosa, quasi occorresse lavarla con gentilezza. Ottenni un risultato capace di ispirare affetto: i possessori la chiudevano in garage con il sorriso sulle labbra. Ecco, il design non dovrebbe mai perdere quest’intento».
Dunque, come agire in tale prospettiva? «Non bisogna diventare schiavi di programmi e strumenti. Ormai si avvicendano con velocità così elevata che nei quattro anni dei nostri corsi di studio non ha senso insegnarli nella loro interezza. Molto meglio tornare a spiegare, spingere i ragazzi a ragionare. Personalmente tento di trasmettere loro tutto quello che posso, portarli a espandere gli orizzonti. Anche perché la medesima rapidità si è imposta nei rinnovamenti delle gamme e degli organici delle Case, presso cui un direttore dello stile dura a volte una manciata di anni. Un tempo era tutto meno estremo, ma il dinamismo permette anche un maggior scambio di contenuti scuola-industria» osserva Matano.
Non mancano, tuttavia, meditate perplessità intorno agli effetti di talune pratiche: «Eliminare molti passaggi fisici con la modellazione in 3D, per esempio, genera a volte carrozzerie i cui riflessi non sono ben congeniati. Succede su diverse crossover moderne». E sulla scottante questione dell’intelligenza artificiale: «Può ottimizzare i processi, senza però certamente sostituire fogli, matite e soprattutto cuori e teste delle persone. Per capirlo è necessario aggirare l’aderenza incondizionata alle mode e riflettere. Senza scivolare in atteggiamenti retrogradi, pur restando critici, attenti agli inconvenienti e, naturalmente, alla tutela dei diritti d’autore. Il punto non è rinnegare la tecnologia, ma tornare umani. Anzi, restarlo».