All’inizio degli anni Novanta l’Aprilia di Noale, provincia di Venezia, viaggiava sull’onda del successo sfornando scooter innovativi per il mercato in forte espansione. Fu allora che il “patron” Ivano Beggio, che sognava di creare un’icona eterna del design come la Vespa o la Fiat 500, decise di ingaggiare una star mondiale dell’architettura, il francese Philippe Starck, per creare una moto nuova.
Prima volta per le due ruote
Per il motociclista Starck si trattava del primo progetto nel mondo delle due ruote. «I compromessi erano considerati delle bestemmie», scrive Beggio nella sua autobiografia. I progettisti impazzivano nell’affrontare compiti quasi impossibili per realizzare una moto estremamente compatta, con forme organiche e rotonde.
Sistema di scarico innovativo
Ne soffriva la guidabilità dell’Aprilia Motò 6.5, per la sfavorevole posizione del baricentro dovuta principalmente all’innovativo sistema di scarico a forma di vasca sotto il motore. La scarsa aderenza della ruota posteriore in accelerazione e le oscillazioni a velocità più elevate vennero migliorate parzialmente impiegando pneumatici con mescole morbide da competizione e apportando modifiche alla geometria del telaio subito dopo l’avvio della produzione.
Icona in tutto il mondo
Anche il capo collaudatore si rifiutò di collaborare e Beggio rimase l’unica persona convinta del progetto, che fu un flop per l’Aprilia: presentata nel 1995, la produzione fu interrotta dopo appena due anni e circa 6.200 moto costruite. Oggi la Motò 6.5 è un’icona del design con affezionati e club di marca in tutto il mondo.
La creazione per migliorare la vita
Philippe Starck, classe 1949, designer con un’inventiva poliedrica, si concentra sempre sull’essenziale. La sua visione: la creazione, in qualsiasi forma, deve migliorare la vita di quante più persone possibile. Con oltre 10.000 progetti, che spaziano dai prodotti di uso quotidiano all’architettura, alle navi e alla tecnologia spaziale, Starck è oggi considerato uno dei creativi più visionari e rinomati.
Signor Starck, come è nata la collaborazione e come si è svolto il progetto Aprilia?
Vengo da una generazione cresciuta con moto e auto molto semplici. Velosolex e Motobecane erano concetti straordinariamente semplici e innovativi, come le 125 italiane che ho guidato in seguito: Italjet, Malaguti, MV Agusta. Erano prodotti del pensiero e dell’intelligenza minimalista.
Quando Ivano Beggio mi ha chiesto di disegnare la Motò, era il marketing a classificare le moto del futuro: moto Dakar, moto per finti Hell’s Angels, finte moto da corsa… Volevo liberare la motocicletta da tutte le cianfrusaglie e l’artificiosità che il marketing aveva escogitato per creare una moto pura che vive della propria verità: due ruote, motore, serbatoio e sella.
E così abbiamo fatto, e grazie agli ottimi ingegneri di Aprilia è riuscita bene. Ho ricevuto complimenti da veri motociclisti ma le mie critiche sulle nuove mode e sul marketing non vennero apprezzate a quel tempo.