Ci chiediamo quanti siano i designer di punta che, per fare – come dice lui – «qualcosa che non è mai stato fatto prima», abbandonano la gloria delle auto premium per dedicarsi ai veicoli pesanti. Abbiamo conosciuto Jonathan Disley dieci anni fa, quando era responsabile del design interni alla Volvo. Cosa non da poco. Il suo nome è balzato alla ribalta, negli anni successivi, per una serie di notevoli concept della casa svedese, ultimo – a conclusione dei sette anni trascorsi alla guida del design studio Volvo di Shanghai – il people wagon EM90. Lo ritroviamo, di nuovo a Göteborg, dove Mikael Gordh è diventato capo del design per il gruppo Volvo, responsabile di tutti i truck Volvo e orgoglioso delle due ultime due novità. Mastodonti, questa volta: l’europeo FH Aero e l’americano VNL (le iniziali di Volvo-North America-Long hood). «Qui – dice – è davvero possibile influire sul mondo del lavoro».
Ogni truck rappresenta un lavoro
«Il più grande cambiamento nel passaggio dalle auto ai truck – spiega Disley – è che ogni truck rappresenta un’attività, un lavoro. Ogni miglio e ogni minuto contano. Se il veicolo è fermo si perde denaro. Se consuma troppo carburante si perde altro denaro». Così con i suoi due team di designer – quello europeo di Göteborg e quello americano di Greensboro in North Carolina – si è impegnato ad accrescere l’efficienza: del 5 per cento rispetto ai modelli precedenti. «Abbiamo lavorato molto – spiega – sull’aerodinamica. Quello americano, con il naso allungato, come è di prassi negli Stati Uniti, è leggermente più efficiente, sebbene ci sia una forte turbolenza fra il colpo d’aria sulla grande calandra e quello sull’enorme parabrezza».
Alla ricerca dell’equilibrio
Entrambi i progetti erano già stati avviati due anni e mezzo fa, quando Disley rientrò da Shanghai: si trattava di svilupparli. «Una ricerca di mercato, l’analisi delle esigenze degli utenti e anche della concorrenza. E poi i dubbi di sempre: l’equilibrio tra forma e funzione, tra estetica e praticità». Soprattutto l’americano VNL era tutto nuovo e richiedeva una particolare attenzione, tra lavoro in virtual reality e regolari viaggi di Disley a Greensboro.
Efficienza e sostenibilità
Paradossalmente, la gestazione più lineare è stata quella del VNL, guidata da Brian Balicki che è capo del design di Volvo Trucks North America, affiancato da Alexandre Henriques (esterni), Jason Dabel (interni) e Brooke Elliot (senior CMF designer). Per FH Aero, invece, il percorso è stato più lento, forse anche per la quantità di soluzioni differenti nella ricerca iniziale. Alla fine, spiega Disley, è prevalsa una fusione fra solidità scandinava e forme sofisticate, «per ottenere un veicolo che emana potenza e presenza sulla strada. L’importante – aggiunge – erano efficienza e sostenibilità».
Cinque ambienti dettano colori e forme
Elemento importante del VNL è stato secondo Balicki la decisione di utilizzare come fonte d’ispirazione quel continente così vasto e così differente. «Un filo rosso lungo tutto il processo di design», dice Disley. Un filo rosso chiamato biomes, lo studio di cinque ambienti naturali che sono l’America e che hanno dettato colori e forme: deserto, prateria, foresta, tundra artica, ambienti urbani. Si è così dato, anche all’interno del VNL già dotato di ogni comfort, un ambiente che rispecchia la realtà americana. «I biomes – ancora Disley – fanno da collante del tutto».
Sostenibilità anche nei truck
Nella fusione fra design automotive e design industriale Disley vede una nuova fase: «Nuove opportunità che cominciano lentamente a emergere. Ci sono designer che vengono da un’esperienza automobilistica ma ritengono che nei truck ci sia più da mordere, più sfide. Ci sono già stati buoni prodotti, ma da quando la sostenibilità è entrata sui gradini più alti del design vediamo maggiore attenzione per questi prodotti. Lo si vedrà nei prossimi anni. La Cina ha introdotto il gusto per la cosa che verrà, con un grande effetto su un design che bada più all’unicità che alla tradizione. Mi aspetto grandi sorprese nel prossimo futuro».
(Articolo completo su A&D n. 267)