Anticonvenzionale. E’ forse l’aggettivo più adatto per descrivere la Toyota C-HR, una crossover compatta nata per conquistare gli utenti europei con un’immagine inedita.

Una svolta estetica, fatta di proporzioni inusuali che si discostano dallo stile più rigoroso degli altri modelli del marchio, capace di attirare l’attenzione – oltre che per le forme scolpite – anche per i suoi tratti ricercati sia dal punto di vista formale, sia cromatico. Come il tetto che degrada verso il posteriore strizzando l’occhio alle coupé, la maniglia integrata nel montante C e sapientemente celata dalla verniciatura scura per non turbare il flusso delle linee, le soluzioni bicolore e gli interni dagli accostamenti materici piacevolmente inconsueti.

Seconda vettura, dopo Prius, realizzata sulla base della nuova piattaforma globale Tnga, la Toyota C-HR guarda a un target di cliente molto preciso: 35/40 anni, attento al design, attratto dal prodotto di alta qualità e appassionato alla guida.

Il look della vettura è dinamico, enfatizzato dalla silhouette filante, i passaruota pronunciati per accentuare la presenza su strada e la fiancata sfaccettata «a forma di diamante», come ama definirla Kazuhiko Isawa, il responsabile del design del progetto che abbiamo in contrato a Milano.

«Non abbiamo avuto limiti nella ricerca di uno stile forte, per rispondere all’idea che ogni prodotto debba essere coerente con la propria funzione, senza necessariamente essere simile ad un altro», spiega Isawa. «La C-HR doveva avere l’aspetto del Suv e una notevole presenza su strada, ma senza risultare pesante. Volevamo comunicare una sensazione di dinamismo a 360 gradi, e per ottenere questo risultato abbiamo lavorato molto sulla vista in pianta, eliminando inutili sporgenze e dando fluidità alla forma», continua.

Anticipata da due concept car dal design “di rottura” – una tre porte esposta al salone di Parigi nel 2014, e una cinque porte svelata a Francoforte lo scorso anno -, la nuova C-HR non tradisce le loro caratteristiche e lo spirito innovatore, limandone però alcuni tratti forse un po’ spinti e di difficile realizzazione in fase di produzione, in particolare nel design del posteriore e nelle grafiche dei gruppi ottici.

«Per gli interni intendevamo creare la stessa sensazione di movimento e ricerca geometrica degli esterni», racconta ancora Isawa. Nella progettazione sono state sperimentate quindi nuove soluzioni estetiche e funzionali, come la finitura metallica blu che attraversa la plancia asimmetrica incorniciando lo schermo centrale che, grazie ad un artificio ottico ottenuto con una particolare finitura della superficie, è capace di ricreare l’effetto di una luce d’ambiente senza essere retro illuminata. «Abbiamo sfruttato le proprietà metalliche del materiale, un polimero che ha l’aspetto dell’alluminio ed emette luce propria», spiega Isawa.

«Anche per la pannellatura delle portiere ci siamo avvalsi di un materiale plastico particolare impiegando un motivo tridimensionale che riprendesse il concetto della sfaccettatura del diamante, in accordo con il tema degli esterni, per conferire un aspetto tattile e cromatico originale e caratteristico», precisa.

Il risultato della profonda attenzione alla qualità percepita che ha caratterizzato lo sviluppo della vettura, ha permesso di ottenere un abitacolo capace di avvolgere l’utente in un ambiente confortevole e raffinato, rendendo la permanenza a bordo molto piacevole grazie anche alle sedute costruite a strati, in cui la parte inferiore è dedicata al sostegno e al contenimento laterale, mentre la parte superiore, più fine e dal design slanciato, contiene gli ingombri e permette un migliore sfruttamento dello spazio abitabile.