Ingenlath

C’è un ingrediente ormai indispensabile nella ricetta di un buon design di successo: l’esperienza dell’utente, il modo in cui le persone si interfacciano con l’automobile in un mondo che cambia sempre più velocemente. «Anche noi, come tutta l’azienda, stiamo apprendendo un nuovo approccio per definire il valore per il cliente», ci spiega il direttore del design Volvo Thomas Ingenlath. Lo abbiamo incontrato a Detroit, dove la casa svedese, anziché su uno specifico modello, ha puntato i riflettori sul programma di ricerca dedicato alla guida autonoma Drive Me, di cui è uno dei partner principali.

Obbiettivo dichiarato, mettere le persone al centro dei progetti, come avviene da sempre in Volvo, anziché procedere con un metodo puramente tecnico. «I designer si trovano spesso a lottare con un approccio “scientifico”», prosegue Ingenlath, «anche se di fatto per ora ci occupiamo della parte più semplice rispetto all’R&D: creare ambienti in cui gli occupanti svolgeranno attività diverse, consapevoli del fatto che entro un decennio i contenuti relativi alla guida autonoma faranno parte delle vetture. Anche se si tratterà di una transizione molto graduale».

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Nel 2015 Volvo Cars aveva già presentato una sua visione sul tema con il progetto Concept 26. Lo studio degli ambienti connessi e per vetture autonome ovviamente prosegue. «Lavoriamo alla riconfigurazione dell’abitacolo con ampia libertà di ipotesi, ponendoci continuamente domande. Ad esempio, come interagiscono davvero le persone con lo schermo di una vettura? Quanto a lungo, e ce n’è realmente bisogno? Il tutto sempre con la sicurezza come prerequisito assoluto, ma anche e soprattutto per studiare ciò che costituisce l’esperienza personale, le proprie preferenze e il proprio stile. Sarà fondamentale nel rapporto con il cliente».

Uno degli elementi di eccellenza con cui si è distinta la nuova serie 90 della casa svedese è proprio il monitor posto al centro della plancia, una sorta di tablet in verticale ben integrato nell’estetica ed estremamente funzionale. «Qualcuno ci ha detto che ne esistono di ancora più intuitivi al primo approccio, ma abbiamo visto che dopo alcune ore di utilizzo diventa impareggiabile. E’ proprio questo a cui lavoriamo: creare una relazione con gli oggetti».

Altro aspetto imprescindibile per Volvo, la qualità e originalità dei materiali. «Non seguiamo mai la prassi di disegnare un abitacolo per poi rivestirlo. Individuiamo dei materiali e pensiamo quindi a che impiego potremmo farne, sino a dettare le forme stesse. Ad esempio, un elemento nato in legno non potrebbe esistere se non così. “Decorazione” è un termine che non fa per noi».

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Si aprono scenari nuovi per la mobilità, incluse le vetture condivise: dovranno essere concepite per piacere a tutti? Ingenlath non ha dubbi: «No, le persone si aspetteranno soprattutto un ambiente ancora più accogliente ed amichevole di quanto non avvenga oggi. Ma invece di fare abitacoli troppo neutri, dovremmo creare ambienti ancora più specifici. E’ come quando scegli e prenoti un hotel, in quel momento stai cercando una certa atmosfera, un’esperienza ben definita».

Nessun pericolo di perdita di identità, dunque: «Dico sempre ai miei designer che quando ci confrontiamo con queste tematiche non stiamo cercando la risposta universale, ma la risposta Volvo. Ciò che la gente si aspetta da noi quando acquista una Volvo».