Lo sguardo corre sulle linee esterne. E “lei”, l’automobile, si trasforma.
Riecheggiano nel frontale le tematiche delle potenti berlinette di Gruppo C, mentre la vista di tre quarti lascia intravedere una soluzione in stile speedster; poi, nella zona posteriore prende forma un pick-up, aggressivo e trasgressivo al tempo stesso. “Lei” è rimasta ferma. Eppure ha viaggiato, e ci ha fatto viaggiare, attraverso i meandri dell’emozione ed i concetti della versatilità.
Si chiama Pickster ed è uno studio viaggiante su base BMW con cui Bertone ha inteso miscelare diversi linguaggi stilistici (il nome è appunto il compendio di tutto) per proporre e provocare: senza l’assillo di obiettivi, ma con credibilità.
“Pickster – sottolinea Eugenio Pagliano, responsabile del interno della Stile Bertone – è il tipico esempio di vettura Bertone ispirata dal sentimento; in essa non c’è ricerca di razionalità, ma lo stimolo ad evadere, a fare qualcosa di “fuorilegge”, o quasi”.
Il tema è dunque di quelli cari agli artisti dell’automobile. E si sa, quando a comandare è la creatività senza limiti, il concetto di tempo impiegato assume un valore relativo. “Questa idea – esordisce Luciano D’Ambrosio, responsabile del design esterno della Stile Bertone – l’avevamo in testa da parecchio; ma per varie esigenze in altre occasioni abbiamo optato per soluzioni più razionali, soprattutto lavorando su richieste precise.
Così il sogno è rimasto nel cassetto”. Esattamente fino a circa tre mesi prima del Salone di Ginevra, dove lo studio Pickster è stato presentato. Intuibile, quindi, la concentrazione di lavoro richiesta dallo sviluppo del progetto. Si è infatti sempre marciato premendo sull’acceleratore: subito un paio di proposte che rappresentavano l’una l’antitesi dell’altra.
In tempi strettissimi, la scelta della soluzione portata avanti e, immediatamente, un “mezzo modello” in scala per uso interno. Poi, l’esecuzione del gesso in scala 1/1 e, quindi, il prototipo. Inizialmente, al progetto hanno lavorato pochi addetti: designer, gessisti, specialisti della prototipazione. Ma nella fase finale la partecipazione è stata massiccia e anche spontanea.
“La cosa entusiasmante – sottolinea D’Ambrosio – il miracolo che si ripete ad ogni show-car, è che una vettura di questo tipo alla fine catalizza l’attenzione di tutti. E ci sono persone che mettono a disposizione anche il loro tempo libero per partecipare e finire”.
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