Avviene spesso nel mondo del car design, dove i progetti di veicoli presentati oggi sono stati congelati anni prima, che gli errori commessi un tempo vengano attribuiti a persone che non vi hanno nulla a che fare.
La nuova BMW Serie 7 è stata coperta di critiche negative, che hanno indotto Wolfgang Reitzle e Bernd Pischetsrieder a precisare che la vettura avrebbe un altro look se loro non fossero stati invitati a lasciare la BMW, cosa avvenuta dopo che avevano approvato il progetto. Chris Bangle è diventato così il capro espiatorio, ma, a essere onesti, la vettura non l’ha progettata da solo.
Un altro esempio è lo scarso successo della Citroën C5: dal momento che la maggior parte dei designer che vi hanno lavorato era “anglosassone”, la stampa francese ha accolto con entusiasmo l’arrivo di Jean-Pierre Ploué, venuto a “salvare la Citroën”. Il francese Ploué è un ottimo designer, ma nei prossimi anni non vedremo vetture di produzione progettate da lui; cosa che non gli vieta di accettare le lodi per l’ammirata C3.
Solo se un designer svolge il proprio ruolo all’interno di un management stabile, che gli permetta di sviluppare le proprie idee, si può ritenerlo responsabile dei prodotti della sua azienda. È il caso di Patrick Le Quément; ogni Renault oggi in produzione è stata creata sotto la sua direzione, grazie alla libertà concessagli dal presidente Louis Schweitzer.Hartmut Warkus della Volkswagen intrattiene da tempo un analogo eccellente rapporto con Ferdinand Piëch, e il risultato sono le Volkswagen e Audi che fanno tendenza.
Criticare è giusto, ma con l’obbligo di capire chi è il responsabile dell’oggetto delle nostre critiche. In futuro, prima di attribuire un errore a un designer verificate se è lui che l’ha commesso o se sta portando la croce per qualcun altro.
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