“Il modo in cui costruiamo le vetture è assolutamente fondamentale per il loro aspetto”.
Da questa affermazione di Chris Bangle, capo del design del Gruppo BMW, nasce lo spunto per una riflessione di Robert Cumberford sugli odierni processi di produzione delle automobili e dell’industria in generale.

Non manca mai chi ribadisce che le vetture sono tutte uguali, e il più delle volte, anche in passato, si è trattato di un’osservazione fondata. Tutte le auto del 1935 appaiono molto simili tra loro, come pure i modelli del 1965 o del 1985. Certo, in ogni periodo esistono veicoli risalenti ad anni prima, alcuni dei quali, spesso non apprezzati sul momento, preannunziano il futuro, ma la maggioranza delle vetture si somiglia molto. I design che si distinguono spesso sono realizzati con metodologie o materiali innovativi rispetto a quelli contemporanei.

Se andate oggi negli Stati Uniti quasi tutti i beni di consumo, dagli abiti agli utensili da cucina agli accessori per computer, sono prodotti in Cina. L’industria automobilistica mondiale sta assumendo con entusiasmo operai cinesi perchè accettano paghe più basse, sostanzialmente esportando i lavori per anni eseguiti dai connazionali in patria.

Se designer e tecnici non riescono a trovare un nuovo modo di realizzare le vetture, e quindi, come ha sottolineato Bangle, a cambiare il loro aspetto e il paradigma di desiderabilità, i paesi che hanno concepito, creato e perfezionato l’automobile sono destinati a perdere rilevanza.
E’ un’affermazione estrema? Forse, ma potrebbe essere una buona idea chiedere a qualcuno in Inghilterra, la nazione che quarantacinque anni fa vantava la seconda industria automobilistica del mondo in ordine di grandezza, che oggi sopravvive importando piccole scatole di latta dall’India. Sic transit Gloria mundi.

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