Il design svolge sempre un ruolo strategico quando si tratta di entrare in un nuovo segmento di mercato. Se poi il segmento in questione è il B – A0 in Germania – nella sua fascia premium, dove la scena è dominata da tempo dalla Mini, il compito dei designer si fa ancora più impegnativo. E proprio per questo ancora più appassionante.

«Il nostro obbiettivo numero uno era di realizzare un’Audi al cento per cento», premette il direttore del design del Gruppo Volkswagen Walter de’ Silva, senza fare mistero della sua indipendenza creativa rispetto alle indicazioni del marketing. «Il mio ruolo è quello di assicurare a ogni marchio identità, forza, e di creare tendenze. Quindi abbiamo sempre rifiutato l’idea di fare una Mini-killer, così come siamo stati ben attenti a non correre il rischio opposto, quello di inseguire l’originalità ad ogni costo sconfinando nel bizzarro. Siamo partiti da scenari diversi, dalla nostra storia, dai valori formali tipici dell’Audi».

Nel passato dei quattro anelli, però, non c’era un riferimento storico per una piccola due volumi. Si è trattato quindi di incarnare il dna del marchio in un oggetto totalmente inedito, come racconta Wolfgang Egger, direttore del design di Audi Group.

«Abbiamo svolto un grande lavoro di ricerca per l’architettura, che doveva esprimere già di per sé un’interpretazione molto individuale, distinguendo la vettura dalle altre due volumi convenzionali. Siamo partiti da concetti sportivi, tipici Audi, evidenti nell’impostazione del padiglione: è basso e compatto, appoggiato sulla spalla ampia e spostato come “peso” verso la ruota posteriore».

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