«Per mio padre la Ferrari ha rappresentato una sfida incredibile, l’ha seguita sin da quando era ragazzo, per oltre cinquant’anni. Quando abbiamo deciso di dedicargli una showcar da presentare a Ginevra, è stato naturale sceglierla». E’ un ricordo affettuoso quello di Paolo Pininfarina, presidente dell’azienda di famiglia, per il padre Sergio scomparso il 3 luglio dello scorso anno, mentre racconta come sia nata l’idea di realizzare una barchetta Ferrari che porta il suo nome. «Abbiamo deciso di fare una barchetta con motore centrale, molto emozionale e strettamente associata alla storia Pininfarina. Qualcosa di iconico e decisamente forte, come lo sono state la Mythos e la Rossa», spiega il direttore del design Fabio Filippini raccontando come il progetto sia partito a fine estate sulla base dei dati tecnici della 458 Spider. Mentre i suoi designer tracciavano i primi schizzi della ricerca stilistica, gli ingegneri della Pininfarina hanno definito un telaio specifico che rispetta il package della 458, con un solo cambiamento sostanziale, il riposizionamento dei radiatori.

Tra le numerose proposte grafiche Filippini ha individuato quello che riteneva esprimere al meglio il concetto della barchetta “secondo Pininfarina”, «con un disegno leggero, pulito e dinamico, con alcune sensazioni delle vetture degli Anni 60 ». La visione era infatti ben definita sin dall’inizio in tutti i suoi aspetti principali, incluso ad esempio il tema del frontale con i fari integrati, tipico Pininfarina. Il progetto è stato quindi stato portato avanti molto rapidamente – anche grazie all’impiego della modellazione virtuale con i software CATIA Imagine & Shape 2 (IMA) di Dassault Systèmes, benché non si sia rinunciato a un modello 1:1 fresato in polistirolo per una verifica di volumi e superfici.

Decisamente contemporanei nell’aspetto finale, volumi e superfici così semplificati si ispirano ai canoni di quella bellezza senza tempo tipica del design Pininfarina, «abbiamo ricercato l’equilibrio senza cadere nella citazione», spiega Filippini mentre indica la forma lenticolare del fianco da cui emergono, morbidi, i parafanghi, come nelle sportive aerodinamiche Anni 60. Il disegno di roll bar e montanti prosegue a contorno del cover del motore, connotato da fori (una citazione dalla Modulo) di dimensioni progressive.

L’abitacolo è generato da una “vasca” a cui sono fissate le due sedute, mentre i poggiatesta sono sospesi, ancorati al roll bar. Tutto è studiato per avvolgere i passeggeri, in un rapporto che unisce sempre forma e funzione, come nel pannello porta in cui il bracciolo diventa la maniglia per richiudere la porta quando questa è sollevata. Colpisce la totale assenza del parabrezza, una scelta puristica supportata da un’accurata ricerca aerodinamica: il grande inserto scuro sul cofano incorpora infatti un deflettore che crea un parabrezza virtuale, grazie al quale il flusso d’aria scavalca le teste degli occupanti e si dirige sul roll bar e lo spoiler posteriore.

Articolo completo su Auto & Design n. 200