L’ultima generazione della Nissan Micra, che proprio in queste settimane comincia a far capolino nelle città europee, ha segnato indubbiamente una trasformazione formale profonda. Nel gioco delle nervature che si originano dalla calandra, dinamizzano il cofano, scivolano sulle portiere e rimontano incisive verso la coda, accompagnate dall’illusionismo geometrico del montante C scuro, si manifesta tutta la volontà di conferire alla piccola e apprezzata giapponese un’inedita maturità, più sportiva e, soprattutto, contemporanea.
Da dove nasce un simile percorso di mutazione dei caratteri distintivi? Se ne è discusso presso lo IED di Milano insieme a Davide Tealdi, designer e docente di Transportation Design nella sede di Torino. Prima tappa, l’osservazione dei 35 anni di evoluzione del modello: dall’originaria, razionalissima edizione del 1982 (mai importata ufficialmente in Italia), all’iconica Micra del 1992 (che si spingeva perfino a citare la Mini e, per certi versi, ne prese il posto prima dell’avvento dell’autentico retro-design), fino alla più giocosa proposta del 2002 (le cui forme erano in parte influenzate da normative nipponiche) e all’assai meno significativa penultima serie del 2010 (“smorzata” dall’esigenza di concepirla come world-car e produrla in India).
Oggi Nissan punta nuovamente sullo stile, ma in un mondo mutato. In cui non si avanza più negli anni con la rassegnazione di un tempo, quindi anche chi non ha un’età freschissima può amare le forme molto dinamiche. In cui si cerca la personalizzazione. In cui la crisi impone, talvolta, di sostituire un’auto più ampia con una piccola, che dunque deve farsi più curata. In cui la dimensione urbana della vita al volante, ma anche delle mode, è preponderante e influenza la percezione delle vetture. È dalla fusione di queste tendenze, come ha spiegato Tealdi, che nasce il look della Micra atto quinto. Obiettivo, tornare un’icona.