Luigi Colani è stato un designer fuori dal comune. Tedesco di origine svizzera, Colani è nato a Berlino nel 1928 ed è morto il 16 settembre 2019 a Karlsruhe. Scriveva Serge Bellu su Auto&Design no.51 (le pagine complete dell’articolo si trovano in fondo): «Colani non è paragonabile ad altri designer, soprattutto in abito automobilistico. Egli è altrove, ai margini, senza dubbio estremamente avanti. La sua grandezza non è tangibile perché egli penetra di prepotenza nell’inconscio dei suoi contemporanei». Proveniente da una famiglia numerosa, Colani inizia fin da piccolo a confrontarsi con la materia: è lui stesso a raccontare che spesso si costruiva da solo i giocattoli e come grazie a questo avesse imparato a maneggiare materiali come legno, ferro, gesso o argilla.
Dopo aver frequentato l’accademia delle Belle Arti di Berlino, nel 1948 Colani si iscrive alla Sorbona di Parigi per studiare aerodinamica e nel 1953 si trasferisce in California presso il costruttore aeronautico Douglas Aircraft Company, dove partecipa a diverse ricerche sui materiali per i velivoli. La progettazione automobilistica di Colani è interamente legata al concetto di aerodinamica e forma funzionale. E’ il novembre del 1967 quando deposita il brevetto della C-Form (nel 1970 offre un’interpretazione della Lamborghini Miura in mostra al Mauto di Torino), che consiste in una forma d’ala d’aeroplano capovolta che dal 1981 in poi viene adattata a numerosi progetti sportivi: GT90, BMW M2, Colambo, Assym.
Tra questi solo uno supera lo stadio di maquette per diventare una berlinetta con meccanica della 2CV di Citroen. Le sue forme aerodinamiche le consentono un Cx di 0,17, un risultato straordinario anche per i nostri giorni. Le proposte radicali che Colani fa come consulente ai costruttori più blasonati, da Audi a Bmw a Volkswagen, non vengono mai messe in atto forse per la loro audacia formale ed è così che il progettista decide di partire per il Giappone dove, scrive Bellu, viene accolto come un profeta. «Colani divulga una filosofia da cui nasce la “soft line” diventata tipicamente giapponese. Attraverso i suoi rappresentanti a Tokyo Colani ha contagiato tutti i settori dell’industria con il suo stile: dall’hi-fi Sony alla fotografia Canon, dalle moto Yamaha agli occhiali Sunreeve. Il risultato è che in pochi anni è il designer più richiesto in Giappone, davanti a nomi come Giugiaro e Mario Bellini».
Nella primavera del 1987 Colani inaugura un atelier di 2.500 metri quadrati completamente bianco. Proprio qui presenta la sua interpretazione della Porsche 959, mentre dopo solo un anno si trasferisce nuovamente in Francia per occuparsi di nuovi progetti. Conclude Bellu: «Cosa ha fatto Luigi Colani in questo mondo? I suoi riferimenti come Erté, Gaudì, Bosch, sono messi in orbita in uno spazio senza tempo. Il mondo dell’automobile è senza dubbio troppo stretto per questo visionario dei grandi spazi. Se Colani non è il più grande designer del secolo e della terra, forse ambisce alla scalata del cosmo».