Come cambiano la percezione e il modo di fare design dell’auto in Cina? Lo abbiamo chiesto a Chen Zheng, Vice President Geely Auto Group. Lo abbiamo incontrato alla viglia del 2023 International Automotive Design Forum, che il 6 dicembre ha celebrato il 10° anniversario di Geely Design.

Chen ci accoglie nel suo ufficio di Shanghai offrendoci una tazza di caffè italiano, preparato con una miscela che acquista nei suoi frequenti viaggi a Milano, dove Geely Design ha aperto un nuovo studio l’anno scorso. È la prima volta che parla ad Auto&Design da quando ha assunto la guida del design di Geely Auto Group e ci racconta come molte cose siano cambiate negli ultimi due anni.

«È cambiato non soltanto il mio ruolo, ma anche il modo di vedere il design dell’auto, le prospettive, il nostro modo di lavorare. Anche la città di Shangai è cambiata, tutto si evolve molto rapidamente. Oltre ai progetti, negli ultimi due anni abbiamo lavorato ad una fase di transizione insieme a tutta l’azienda. Si passa senza dubbio dalle auto ICE alle EV e questo comporta nuove tecnologie e nuove forme per il design. Il nostro fondatore, Li Shufu, Presidente di Geely Holding Group, ci ha chiesto di cambiare totalmente l’immagine del brand, e con questa il linguaggio del design. È una grande sfida».

Come si esprime questa evoluzione del brand?

«Dobbiamo anzitutto considerare come le persone in Cina valutano un brand. In particolare, i giovani in questo paese vedono il mondo in modo diverso rispetto all’Europa o agli Usa. C’è una forte propensione ad accettare la novità. Sono molto attenti all’essenza del brand, che deve rispecchiare i loro valori, mentre l’estetica può cambiare anche ogni anno. Se ai clienti piace l’essenza del brand, ne apprezzano il volto nuovo, le tecnologie innovative, i sistemi di guida intelligenti. Non cito i dati esatti, ma so che gli europei cambiano l’auto in media ogni quattro o cinque anni, mentre in Cina le persone usano l’auto come un cellulare o un bene di consumo. Molti di loro sostituiscono l’auto ogni due o tre anni. C’è il desiderio di adottare nuove tecnologie, seguire nuovi trend. Non ha senso restare fermi. L’iPhone di Apple, ad esempio, non è più così popolare, viene percepito come sempre uguale, mentre nascono nuovi brand che offrono un’esperienza innovativa ai consumatori».

Che cosa comporta per il design questa ricerca costante di novità?

«E’ una enorme sfida, perché persino dopo aver congelato lo stile apportiamo delle modifiche durante la fase di engineering se pensiamo di poterlo migliorare ancora, e portiamo avanti in parallelo alternative multiple fino all’ultimo minuto».

L’intelligenza artificiale è un aiuto per la vostra attività creativa?

«Certo, fa parte dei nostri processi e ne ha già cambiato la modalità. Iniziamo con una fase ideativa in cui proviamo ogni possibile combinazione, con sketch veloci, realizzando fino a 2.000 proposte. L’importante non è più saper fare bei disegni, ora ci pensa l’AI, quanto invece saper scegliere le soluzioni giuste e combinarle mantenendo una coerenza progettuale, per poi passare dalla fase 2D a quella 3D. Però facciamo sempre molti modelli fisici in scala 1:1. Lavoriamo su più alternative parallele e chiedo al team di svilupparle fino all’ultimo momento. Come detto, tutto cambia rapidamente e la soluzione a un futuro imprevedibile sta nell’avere più proposte. Questo è possibile in Cina, perché la catena dei fornitori è fortissima. Con il loro supporto possiamo fare modifiche anche all’ultimo secondo».

Quali sono le fonti d’ispirazione per il vostro design?

«Chiedo ai miei designer soprattutto di disegnare in modo sincero, mettendo amore e passione in ciò che facciamo. L’essenza del nostro brand, come raccomanda sempre anche il nostro fondatore, deve essere gentile, senza cattiveria né aggressività. Poi ci sono le radici culturali: conduciamo ricerche molto estese, città per città, studiando clienti-target per comprendere la bellezza cinese moderna, come sono cambiate le persone negli ultimi decenni, e molto altro. Città importanti come Shanghai, Chengdu, Guangzhou e Hong Kong hanno ad esempio tipologie di clienti molto diverse. Non conosco altre organizzazioni di design che facciano un lavoro così ampio e presto lo estenderemo anche ad altri mercati. Abbiamo realizzato un database di grande valore per analizzare gli standard estetici cinesi. Ci sono design che in Cina possono essere percepiti come qualcosa di brutto: accade in tutte le culture, ma qui più che altrove perché i caratteri della nostra lingua sono di fatto delle immagini, dietro ogni segno c’è un significato. La logica dei cinesi è diversa e sono molto sensibili alla grafica. Il design deve essere sempre in sintonia con gli aspetti culturali».

Nel 2023 ha aperto il nuovo studio di Milano, come collaborate nei due continenti e come si compone il team di Geely Design?

«Nel nostro team abbiamo oltre 500 designer di talento di molte nazionalità. Vado a Milano ogni mese e a loro volta alcuni designer vengono a Shanghai. Qui, creativi da tutto il mondo lavorano insieme. Ci rendiamo conto che si tratta di due mondi diversi, alla velocità di Shanghai corrisponde una maggiore calma dell’Italia. È un mix molto interessante. Contiamo di raddoppiarle l’organico del design center in Italia nel 2024 e presto Geely Design avrà una nuova sede headquarter a Shanghai, sarà ancora più grande e funzionale».

Quest’anno ricorre il decimo anniversario di Geely Design, ma purtroppo ha segnato anche la scomparsa di Peter Horbury.

«Peter Horbury era una grande persona e un grande designer. È stato un pioniere coraggioso, ha costituito il Design Geely in un momento in cui il car design cinese non era così forte. Alcuni nuovi costruttori compravano progetti commissionandoli a fornitori esterni. Sono molto dispiaciuto per la perdita e ho molta ammirazione per quanto ha fatto. Senza di lui non ci sarebbe Geely Design».