Nella sede del Centro Stile Stellantis di via Plava, a Torino, si avverte subito il clima delle occasioni quasi irripetibili. All’ingresso attende, come appena partorita dall’estro di Giugiaro, una Panda rossa del 1980, la consistenza della cui eredità diventerà ben presto manifesta. L’atmosfera è frizzante, entusiasta: una miscela di freschezza e impegno istituzionale che pare aver segnato pure lo studio formale.
La prima Panda come riferimento
«Fin dall’inizio abbiamo eletto l’originale a riferimento, riconsiderandola prima di ogni decisione, in un rimando molto serrato», chiarisce subito François Leboine, capo del design Fiat e Abarth. «Del resto, non si tratta di una scelta di stile. La prima Panda costruì un rapporto d’uso autentico con le persone, quindi oggi resta una guida in tal senso, ben oltre la forma». All’investimento concettuale si intrecciano rinnovate esigenze industriali che, all’avvio della ricerca quattro anni fa, spingono verso «l’imperativo di creare un modello molto più internazionale».
Linee giocate su praticità e vivacità
«Robustezza e semplicità si sono dimostrate canoni essenziali, riletti naturalmente in una chiave attuale e molto italiana, che qui paragoniamo a una ricetta ben eseguita», scherza Leboine. I gruppi ottici anteriori, capaci di «recuperare il tema quadrato degli Anni 80 evolvendolo in pixel» al contempo digitali e rétro, rappresentano proprio un esempio di tale “sapore”. L’intera economia delle linee gioca però sul duplice piano di praticità e vivacità, accendendosi di dettagli fra cui «le barrette del logo Fiat di un tempo o lo stemma cangiante sulla porta posteriore che sfrutta un effetto ottico».
Grande qualità di esecuzione
Fino a un elemento veramente in grado di esaltare il progettista: «Sull’elettrica il marchio frontale non si limita a richiamare l’asimmetria grafica di quaranta-cinque anni fa, bensì sottolinea la sede del cavo di ricarica retrattile, nostra unicità sul mercato». Come ignorare, inoltre, le lettere impresse sulle fiancate? «Ispirate al nome sul portellone di alcune versioni 4×4, frutto di diverse discussioni con dirigenti e ingegneri», testimoniano una certa dose di coraggio “pop” e grande qualità di esecuzione dei lamierati, da cui peraltro discendono i tratti generali assai netti e precisi.
Eredità dell’abitacolo rimodulata
Riguardo l’abitacolo «Avevamo pensato di citare da vicino l’impostazione del 1980, ma si rischiava un risultato “freddo”, autoreferenziale e poco legato al presente. L’eredità è stata dunque rimodulata attraverso le nozioni di «essenzialità, ricerca e connubio forma-funzione», concentrate in un pannello che insieme omaggia lo storico “blocco comandi” sospeso e ricalca il tracciato sul tetto del Lingotto.
Materiali e colori giocano un ruolo fondamentale
Conservando sedili dalla versatilità tradizionale per ragioni di piattaforma, «si è puntato ad arricchire l’ambiente con materiali e colori, che immediatamente hanno assunto un ruolo fondamentale». Anzitutto, il vano di fronte al passeggero si rivela disponibile con un inedito rivestimento (grazie a cui viene ridenominato Bambox). «Impiegare il bambù è una novità assoluta e un’enorme sfida», argomenta Vincenzo Vullo, responsabile del color&trim per il marchio Fiat. Ancora Longo: «Si era partiti da uno spunto spiritoso, il cibo del Panda, e abbiamo ottenuto uno dei componenti più caratterizzanti della vettura». «In aggiunta, le sette tinte esterne celebrano i territori della Penisola», conclude François Leboine osservando un esemplare in Acqua Azure. E niente grigio, come vuole il brand Fiat: sulla Grande Panda la funzionalità si fa funky.
(Articolo completo su A&D n. 271)