Penso che Colin Chapman non esiterebbe a mettere la firma sotto il progetto Theory 1, il futuristico concept con cui il marchio di cui fu padre, la mitica Lotus, lancia la visione di un auto elettrica intelligente ad alte prestazioni, frutto di un nuovo manifesto di design che sarà la base di tutte le Lotus a venire. A Chapman domandai molti anni fa, mentre la Lotus 25 di Jim Clark travolgeva tutti gli avversari nella Formula 1 dei primi Anni 60, quale fosse il segreto di quel successo. «La leggerezza, quindi la semplicità», rispose.

Lotus Theory 1

Semplicità nel Dna Lotus
E con Theory 1 Ben Payne ricalca, sulla falsariga di quella tradizione, un concetto di semplicità che il mondo dell’auto ha forse dimenticato. «La semplicità – incalza Payne, vice-presidente per il design – è nel Dna della Lotus, ma bisogna applicarla nel modo corretto». In questo caso adattandola armoniosamente al guidatore e alle sue esigenze.
Theory 1 non poteva essere che una supercar sportiva, che starebbe molto bene nel catalogo Lotus se non fosse che la produzione in serie non è – per il momento – prevista.

Lotus Theory 1

Sostenibilità e tradizione
Dice Payne: «È piuttosto un laboratorio di nuove teorie, fatto per testare innovazioni tecniche e direzioni di stile che sfoceranno nella produzione». La parola magica nell’automotive d’oggi è sostenibilità, ma in questo caso rigorosamente incapsulata nella tradizione Lotus. «È un modo di comunicare al pubblico d’oggi, per il quale il nome Lotus non ricorda i fasti sportivi di un tempo, da dove viene questo marchio e su quali tradizioni si appoggia».

Lotus Theory 1

Riferimenti alla Formula 1
Non a caso si fanno precisi riferimenti a due delle vetture di Formula 1, la Lotus 49 che rivoluzionò la struttura dei bolidi di allora con motore e cambio usati come parte integrale del telaio (nel concept Theory 1 è la grande batteria a svolgere quella funzione) e la Lotus 72 che fu la monoposto di maggiore successo.

Lotus Theory 1

Interazioni fisiche e tattili
In questo concept il rapporto fra la macchina e l’uomo assume nuove forme: fisiche, tattili, non solo digitali. Sono i tessuti dei sedili, i rivestimenti del volante a comunicare con il pilota, “toccandolo” in speciali punti di pressione con un sistema ad aria compressa governata da un computer. Le porte sono oggetto di un brevetto internazionale. Si sollevano come ali: la parte anteriore ruota lungo una scanalatura sopra i brancardi ed è quella posteriore che si solleva. Ma non è che uno degli aspetti unici di Theory 1. In nome della sostenibilità (e del binomio semplicità-leggerezza) si eliminano i rivestimenti sulle parti tecniche.

Lotus Theory 1

“Da cento a dieci”
Davanti al guidatore, che è al centro della vettura, con i due passeggeri uno per parte e leggermente arretrati, non c’è un vero cruscotto, ma è a vista la struttura stessa dell’auto da cui spuntano i terminali delle sospensioni. «Tutto ciò che c’è nell’abitacolo è lì perché è funzionale», precisa Payne. E questo – l’insieme di funzionalità e di sostenibilità – porta a un’altra sfida. “Da cento a dieci” è stata la parola d’ordine dei designer Lotus nei tre anni in cui hanno ragionato sul nuovo corso. «Questo ci porta, come filosofia di design, a cercare vie più semplici, celebrando il materiale tecnico portato a vista, in una purezza di espressione che dice molto sulla storia del marchio», conclude Payne.

(Articolo completo su A&D n. 272)