La maggior parte dei concept sfornati dalle grandi case automobilistiche vivono lo spazio di un salone. Qualcuno è più fortunato: ricompare dopo un anno o due, additato come idea primordiale di un modello a grandi numeri che vede finalmente la luce. Pochissimi, fatta eccezione per certi storici modelli dei grandi carrozzieri, sono quelli che vivono di luce propria. Che, anzi, sopravvivono e si rigenerano.
È questo il caso del concept Kizashi, presentato a settembre al salone di Francoforte e poco più di un mese dopo, riveduto e corretto tanto da meritarsi un nome proprio, Kizashi 2, a quello di Tokyo.
Il che può significare due cose: la prima è che, magari dubbiosa all’inizio, la Suzuki sia stata colpita (e forse sorpresa) dai positivi commenti elargiti in terra tedesca a quel suo modello statico e abbia deciso di ripulirlo, di perfezionarlo, per vedere dove si possa arrivare; oppure – la seconda – è che, forte dei successi nel 4×4 e nel campo delle vetturette, la casa giapponese sia pronta a entrare con qualcosa di veramente travolgente nel segmento sempre più ambito e affollato delle berline premium, il segmento D, e abbia deciso di affidare alla Kizashi un importante ruolo dimostrativo.
Che ne faccia, insomma, una sorta di rompighiaccio per le proprie ambizioni industriali (e infatti, già a Tokyo, la Suzuki esprimeva senza remore la sua «decisione di gareggiare in una nuova arena»).
L’articolo continua su Auto & Design n. 168