Fin dagli Anni ‘50 e ‘60 la Chrysler è stata sinonimo, sul mercato americano, di grande design e cura dei particolari. Ora, all’alba di un grande sforzo volto non solo ad ampliarne la gamma – in questo momento il marchio ha due sole vetture a catalogo, la Pacific e la 300 – ma anche ad affrontare i cambiamenti epocali verso l’elettrico e la guida autonoma, si riappropria di quel ruolo offrendo una sua visione del futuro prossimo con un concept che non può lasciare indifferenti.
Una stella polare
Si chiama Halcyon ed è, come afferma Irina Zavatski, «una visione dello stile e delle proporzioni fra oggi e il 2030». «La nostra stella polare», le fa eco Ryan Nagode: «Con un effetto trainante su tutti gli altri marchi del gruppo». Cioè sull’intero panorama Stellantis nel Nord America. Zavatski è responsabile del design esterni di Chrysler, Nagoda degli interni. Hanno lavorato in parallelo per un anno e mezzo. «Perché – spiega Zavatski – la cosa più interessante di questo concept è l’interazione fra esterni e interni, scoprire come le linee degli uni potessero interagire con quelle degli altri e, in definitiva, come quelle linee avessero tutte un senso».
Disarmante semplicità
Ne è uscita una vettura con un muso basso, dalla linea molto pulita, con un padiglione caratterizzato da grandi vetrate e porte a farfalla e con un allestimento interno di disarmante semplicità. «Quella semplicità e l’altezza minima da terra – aggiunge Zavatski – hanno rappresentato una sfida alle proporzioni classiche. Poche linee ma tutte importanti, un’affermazione di purezza».
Utilizzo di materiali superleggeri
La nascita di Halcyon, a Auburn Hills, ha coinvolto tutti i designer di Chrysler, nella consueta competizione interna da cui sono uscite tre proposte subito trasformate in modelli clay. Matthew Dunford e Michael Gillam hanno lavorato con Zavatski alla messa a punto finale degli esterni, mentre Tim Doyle, Tyler Rusnak e Alejandro Campos hanno affiancato Nagoda nel lavoro degli interni. Inevitabilmente, per una vettura elettrica, grande attenzione ha dovuto essere dedicata all’aerodinamica – con tanto di flussi d’aria dalla ex calandra e di uno spoiler mobile che esce dalla coda – e all’uso di materiali superleggeri, soprattutto alluminio e plastica. Ma senza rinunciare a elementi scultorei.
Identificazione biometrica
Nagoda parla di un «trattamento da tappeto rosso» per i passeggeri. L’ampia apertura delle porte, che si aprono grazie a un sistema di identificazione biometrica dell’utente, favorisce l’accesso del guidatore, così come una parte del tettuccio che si solleva, incernierata su una spina centrale. «Il nostro – spiega – è stato un equilibrio di forma e funzione. Come dimostrano i sedili anteriori che possono scorrere e, quando la guida auto-noma lo consentirà (su questa vettura è previsto un livello 4), offriranno un comodo divano per guardare le stelle attraverso il tetto di vetro. O quelli posteriori che possono scomparire nella coda creando un ampio spazio di carico, in una versione 2.0 dello Stow ‘n Go già adottato da Chrysler.
Spazi funzionali geniali
Il concept Halcyon non è soltanto bello, ma se ne possono apprezzare anche gli spazi funzionali, direi geniali. E poi basta un comando a voce, in tempi di guida autonoma, per far scomparire il volante e i pedali sotto il parabrezza, che abbiamo voluto molto lungo e spiovente per accrescere la visibilità».
(Articolo completo in A&D n. 266)