«La differenza tra sogno e realtà è la definizione della propria visione». E’ una delle frasi che usa Michael Robinson per introdurre il lavoro fatto con ED Design per la concept car Torq: un “esercizio” ambizioso e visionario che si candida volutamente ad avviare qualche discussione – che Robinson attende con piacere – circa il prototipo presentato a Ginevra di questa auto driverless da pista. Un tema messo a punto per lanciare la sfida alle attuali auto da corsa e testare in un ambito estremo delle tecnologie che molto presto potranno essere disponibili per le normali automobili.
Un’auto che non sarebbe mai nata senza la passione di Michael per l’advanced design e il supporto di ED Design, azienda della quale è amministratore delegato e direttore creativo, dove ha seguito l’intero progetto sviluppato internamente, dal design all’ingegneria, al CAS, alla modelleria fisica e al prototipo finale.
In ED il tema della digital mobility si respira diffusamente tanto che hanno messo in piedi un progetto avveniristico, MAAL (Mobile Autonomous Automotive Laboratory) che pensa l’auto come un laboratorio mobile, che unisce design e information technology, in linea con le ricerche più all’avanguardia che da anni il gruppo porta avanti per clienti diversi. «Come azienda parliamo da sempre a chi è interessato a leggere le trasformazioni dell’automotive», spiega Davide Pizzorno, fondatore e presidente di ED Group, «e oggi esiste realmente la possibilità di fare un’auto dotata di certi requisiti, come potrebbero essere quelli estremi e avanzati contenuti nel concept di Torq. Perché la scommessa per il futuro dell’auto starà tutta nel migliorarne la parte elettronica e nell’introdurre quella informatica». Secondo alcune stime, infatti, entro il 2035 il 75 per cento delle auto sarà a guida autonoma, assecondando un processo nel quale ED è impiegata da anni, favorendo come centro di eccellenza il trasferimento tecnologico tra settori.
Attraverso MAAL quanti oggi non hanno modo di partecipare al futuro della digital mobility verranno aiutati a prenderne parte (dai centri di ricerca ai privati) in modo da poter lavorare su auto sperimentali testandone i risultati in vista di un’applicazione reale.
Il cavallo di Troia con cui entrare in questo mondo di city car driverless per ED Design è per ora Torq, che si presenta come una supercar svuotata, alleggerita com’è dal vano motore in modo che la parte superiore risulti audacemente sbalzata grazie a sospensioni progettate come in uso alle vetture di F1. La parte sottostante è invece una sorta di techno-skateboard, ricco di pinne aerodinamiche sotto le quali alloggiano le batterie, con i motori elettrici accanto ad ogni ruota: è proprio l’effetto di potenza prodotto dalla propulsione di questi ultimi sul suolo ad aver ispirato il nome stesso dell’auto.
L’interfaccia uomo-macchina è un’altra delle frontiere sulle quali si sta più lavorando nel settore del design e Michael ha una forte consapevolezza dei traguardi che si possono raggiungere: «La parte più inattesa è l’interno perché l’auto verrà pilotata da “Ambrogio”, un “computer intuitivo” brevettato che ED chiama VPA (Virtual Personal Assistant). Sto studiando un volante retrattile in modo che l’esperienza della guida non venga completamente persa e l’idea è quella di usare la tecnologia del machine learning per favorire l’apprendimento e insegnare alla macchina stessa l’esperienza di guida». Questa visione alimenta tutta una serie di proiezioni neanche tanto fantascientifiche che Robinson, da vero designer spinge oltre l’ambito automobilistico: «Una volta che impareremo a convivere con un autista digitale sarà automatico volersi portare dietro questo assistente personale in grado di prevedere i nostri desideri; cosa che innescherà una relazione con un futuro di oggetti e ambienti dove l’intelligenza artificiale avrà degli spazi sempre più ampi».
Per fare in modo che la experiential design, termine amato e diffuso da Robinson da anni, sia completa, al posto del vetro la relazione con l’esterno sarà sostituita da un avvolgente – e, visto nell’insieme del corpo vettura, parimenti “aerodinamico” – nastro di trenta centimetri fatto di sottili schermi curvati Oled. Così chi occupa l’abitacolo si sentirà protetto come in un bozzolo, completamente immerso in una dimensione “di guida” alternativa alla tradizionale. «Dall’interno si avrà una visione a 360 gradi attraverso queste ottiche che sono al tempo stesso uno schermo interattivo sul quale si potranno visualizzare informazioni diverse, addirittura la visione di sé stessi dal punto di vista dell’avversario…».
La nuova frontiera della guida autonoma non avrà ripercussioni solo dal punto di vista tecnologico perché anche le questioni estetiche ed esperienziali saranno fondamentali: «Noi designer – incalza Michael – dobbiamo produrre dei veri segnali di cambiamento legati al modo in cui saranno fatte queste auto, lavorando sulla ricerca formale al fine di non perdere gli aspetti di fascino e seduzione legati al dare forma al movimento».
L’altro tema imprescindibile è infine la sicurezza, visto che, numeri alla mano, il tasso di mortalità legato alla guida (1,2 milioni di vittime di incidenti ogni anno nel mondo, secondo il World Health Organization) non sarebbe oltremodo “sostenibile” soprattutto per un pianeta ancora in forte crescita dal punto di vista della domanda di mezzi di trasporto.
La posta in gioco è alta e di questi temi – elettronica e informatica, guida autonoma, redesign degli interni per usi molteplici, “internet delle cose” – sentiremo ancora molto parlare in ED Design.
L’articolo continua su Auto&Design n. 211